Tipi da spiaggia (quinta parte)

Vi siete mai accorti di quanto sia bella la spiaggia, in settembre? Il vociare dei giovani lascia il posto al brusio sommesso degli anziani, e tra i radi ombrelloni spuntano idiomi mai sentiti prima, forse russi, forse cechi, forse romeni. Anche il mare cambia volto, spesso triste per la mancanza di bambini sguazzanti, a volte frizzante e allegro per il minor numero di pisciate clandestine. È il momento giusto per meditare, ed è facile, abbandonati sulla brandina e carezzati dalla brezza ogni giorno più fresca, chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dai ricordi. Altro che sale giochi! Altro che fucili ad acqua Liquidator con ottanta metri di gittata! Un tempo si passavano giornate intere al bar: di fianco al juke-box c'era sempre un piccolo, semplice flipperino meccanico. Muovendo l'apposito volantino si faceva percorrere un labirinto irto di buchi ad una di quelle splendide palline di vetro con le alette colorate: e lì s'imparava il colpo d'occhio, la prontezza di riflessi ed anche i primi moccoli. Altri più coloriti scaturivano dall'uso delle famigerate click-clack, semplicissime palline in legno unite da una cordicella, mutuate dalle mortali bolas argentine: lo scopo del gioco era quello di far battere le palline una contro l'altra il maggior numero di volte possibile. Lungi dal riuscirci, l'unico risultato che si poteva ottenere era coprirsi gli avambracci di lividi grossi come piadine, dal suggestivo colore melanzana. Praticamente un nonnulla in confronto al Going, altro gioco da spiaggia che consisteva nello sciogliere l'intrico di corde che regolarmente si formava nella scatola: con tattiche degne di una vedova nera, il crudele attrezzo aggrediva lo sfortunato antagonista imprigionandolo in un vischioso bozzolo, costringendo gli spettatori a liberarlo a colpi di machete.

Andando più indietro con la memoria, non posso non ricordare le giornate passate col naso all'insù, nell'attesa del lancio dei paracadutisti del formaggino Mio: appena l'evento aveva luogo si scatenava una scena degna dell'operazione Overlord. I preziosi soldatini, corredati di buoni premio, finivano nei posti più pericolosi, quasi tutti in mare e sopra le cabine: e per recuperarli si rischiavano rispettivamente l'annegamento e l'osso del collo. Spesso i genitori facevano opera di prevenzione legandoci alle brandine con gli asciugamani, oppure anestetizzandoci con l'albana dolce. La nostra vendetta nei confronti dei grandi era particolarmente subdola: con una perizia degna dell'Agip praticavamo uno scavo profondissimo, nascosto poi da un foglio di giornale camuffato da un sottilissimo strato di sabbia. Quando la vittima cadeva nella trappola noi esultavamo, ben nascosti dietro le cabine, incuranti delle conseguenze spesso devastanti dell'ignobile gesto.

C'erano anche momenti più tranquilli, specialmente dopo averle buscate dai propri genitori, e allora ci si dedicava a giochi meno pericolosi, a volte addirittura educativi. Chi non ha mai giocato all'"impiccato", tanto per fare un esempio? Si preparava il "foglio" spianando la sabbia con l'avambraccio, poi si suggeriva una parola scrivendo la prima e l'ultima lettera, e sostituendo le altre con una fila di puntini. Ad ogni errore si aggiungeva un tratto alla macabra figura dell'impiccato, ed erano memorabili le dispute sull'esistenza del papastracchio o sul fatto che il Triceratopo si potesse mangiare. Un gioco unico per semplicità e totale idiozia era la gara del battecco; si poneva un bastoncino di fiordifragola in cima a un mucchietto di sabbia asciutta, dopodiché i giocatori, a turno, asportavano una porzione di sabbia dalla base della montagnola. Poiché non esistevano regole ufficiali e tantomeno una federazione, le partite si risolvevano in epiche risse, condite dai pesanti aforismi "Io con te non ci gioco più" e "io ce lo dico alla mia mamma". La quale mamma arrivava puntualmente, ti portava di peso sulla brandina e ti costringeva a mangiare la pesca più sbrodolosa del mondo o, in alternativa, un pezzo di spianata con granelli di sale grossi come cubi di porfido.

E questi ultimi, credetemi, sono i ricordi più brutti della mia infanzia balneare, peggio dei lividi delle click-clack, molto peggio degli esami di riparazione.


Dr. Danny Irreparabili.