Tutto iniziò in uno stramaledetto giorno di settembre del 1983.
Allora ero ancora un giovane scienziato di belle speranze; fresco di
studi e con la laurea appena portata dal corniciaio: le cose sembravano
andare per il verso giusto, e l'università "La Sapienza"
mi aveva addirittura proposto due cattedre. Una avrei anche potuto
accettarla, ma l'altra era piena di tarli e per di più non si
intonava col resto dello studio. Dopo questa piccola delusione iniziai
il mio periodo presenzialistico, partecipando a tutti i simposi e i
convegni immaginabili: e fu proprio durante il convegno sul Bradipo
Tridattilo, tenutosi ad Hannover nel famigerato settembre '83 di cui
parlavo poc'anzi, che feci la conoscenza del sommo luminare tedesco
Hans Friedrich Badalamenti.
"Vede, Danny" mi disse tra le altre cose il Maestro "la
fama e il prestigio di uno scienziato si misurano con l'impegno profuso
nelle ricerche e con la validità dei risultati ottenuti, ma
c'è una cosa che separa la plebaglia degli operai da laboratorio
dalla crema degli eletti".
Sarà forse una laurea honoris causa ad Harvard - mi chiedevo -
o piuttosto il possesso di un ciclosincrotrone o, chissà, una
Rolls parcheggiata nel garage...
"Niente di tutto questo, mio giovane collega - soggiunse con un
sorriso ironico Badalamenti - potrai dire di essere un grande scienziato
quando avrai un assistente. Quello che vedi in seconda fila, vestito
di nero e intento a prendere appunti, è il mio collaboratore
Franz Wilhem Pusceddu, che da quasi dieci anni mi riassume le conferenze,
scrive i miei interventi, calcola le equazioni necessarie alle mie ricerche,
guida l'automobile, prenota i voli e gli alberghi, cucina, ripara i rubinetti
e mi racconta la fiaba della buonanotte. Un aiuto insostituibile".
Appena atterrato a Rimini mi precipitai nelle redazioni di tutti
i giornali locali per pubblicare l'annuncio che avrebbe cambiato la
mia vita: "A.A.A. Assumesi giovane volenteroso per facile lavoro
di laboratorio. Vitto e alloggio offresi astenersi perditempo".
Il giorno dopo l'uscita del trafiletto una mostruosa fila di almeno
centocinquanta persone si diramava dall'ingresso del mio studio. Il genere
umano era rappresentato - nel serpentiforme coacervo - dai più strani
elementi che si potessero immaginare: c'erano extra comunitari con ancora
in mano la spazzola lavavetri, tunisini carichi di tappeti, signorine
brasiliane in pelliccia e reggicalze, mitomani che urlavano a squarciagola
"Sono stato io!", comici mancati, calciatori falliti, preti
spretati, eredi diseredati, editori disidratati.
Fra i tanti c'era anche uno con baffoni, sigaro e occhiali tondi che
assomigliava in modo indecente a Groucho Marx: lo scartai, ma lui non
si diede per vinto e dopo pochi anni fu assunto da Dylan Dog.
Un altro, in rigoroso doppio petto, dalla chioma canuta e un severo
pizzetto altrettanto candido, fu ugualmente scartato ma divenne famoso
come fondatore e attuale direttore di Chiamami Città.
Un terzo personaggio mi interessava particolarmente: lo avevo sentito
confidare al suo vicino di fila, peraltro sordomuto, che si sarebbe
accontentato di una paga da fame pur di lavorare a fianco del famoso
Danny Irreparabili.
Lo feci entrare, fra le colorite proteste delle sette persone che
lo precedevano, e lo feci accomodare in salotto. Era accompagnato
da altri due individui, uno più anziano col borsello di finta
renna e uno più giovane col completo a quadrettoni.
Anche il candidato non era esattamente il massimo dell'eleganza,
rigido nel suo pantaloncino di flanella alla zuava, con un curioso
riporto di capelli che il vento si era divertito a scompigliare.
"Come ti chiami, giovanotto?" chiesi con un tono paterno
del quale fui il primo a stupirmi.
"Massimo Riserbo, signore".
"Massimo Riserbo? Ma chi è il deficiente che ti ha
chiamato così?"
"Il deficiente sono io - sbottò il più anziano
assumendo un colorito di evidente origine etilica - Assoluto Riserbo,
papà di Massimo e quest'altro giovane virgulto, Strettissimo
Riserbo. Vuole andare avanti col colloquio, adesso?
"Signor Assoluto, non si scaldi così che rischia di
ritrovarsi due litri di vin brulè nella pancia", risposi
prontamente, e altrettanto prontamente il vegliardo mi assestò
un ceffone a bruciapelo che mi convinse a continuare l'esame senza
por tempo in mezzo.
"Allora, Massimo, quanti anni hai?"
"Ventiquattro, signore".
"Ma se ne dimostri almeno il doppio" replicai
con scarsissimo tatto.
"Soffro di uno strano disturbo che si chiama cinefilia psicosomatica:
in poche parole contraggo le malattie dei personaggi dei film, solo
guardandoli. Infatti ho appena visto Blade Runner e mi sono beccato
la Sindrome di Matusalemme".
"Allora non guardare mai Philadelphia, mi raccomando"
(il mio tatto stava scemando vieppiù).
"Non si preoccupi signore, odio tutti i formaggi!".
Visto che la conversazione stava assumendo un tono decisamente
demenziale decisi di passare al test che avevo preparato per
snellire il lavoro di selezione.
"Cominciamo dalla medicina - esordii - dimmi cos'è
l'appendicite".
"Attrezzo usato da Tarzan per appendere le sue scimmie".
"E cosa mi dici della toponomastica?"
"Scienza che studia i compleanni e le ricorrenze di sorci,
ratti e pantegane".
"Parlami adesso degli accumulatori".
"Sono cow-boys specializzati nel riunire in appositi recinti
tutti i maschi fecondi della mandria".
Incredibile: mai visto un concentrato tale di imbecillità
in un solo individuo.
"Passiamo alla cultura generale: è vero o falso che
i monsoni sono venti?".
"Fossero anche trenta non me ne potrebbe fregare di meno!".
"Chi era Nazario Sauro?"
"Un grosso animale preistorico, come il Tiranno Sauro
e il Bronto Sauro".
"Qual è l'ultimo libro che hai letto?".
"L'elenco del telefono, ma non sono riuscito a capirci niente:
troppi personaggi".
Il mio avvilimento andava crescendo.
"Recita una poesia, quella che vuoi".
"Ne ho una bellissima, scritta da me, la vuole sentire?"
"Basta che si sbrighi!".
Piove sulle tamerici salmastre ed arse,
piove sui pini cisposi ed irti. Piove.
Ed io, seduto ai margini del bosco,
son turbato da ciò che non conosco.
E grato ti sarò, se me lo dici:
che cacchio son le tamerici?
La misura era ormai colma: mancava solo la prova d'appello.
"Parlami del pesto alla genovese" (come forse i lettori
più attenti ricorderanno, sono pronto ad uccidere per questa
specialità ligure).
"Pesto alla genovese: si prepara mescolando e pestando nel
mortaio basilico fresco, pinoli e aglio, con l'aggiunta di olio
e pecorino grattugiato. Ideale per condire pastasciutte, in
particolare le caratteristiche trenette, ma anche spaghetti,
bucatini, gnocchi".
Un lampo mi illuminò lo sguardo: "Sei assunto!".
"No, io sono Massimo; ho una cugina di secondo grado che si chiama
Assunta, forse mi confonde con lei, ma le assicuro che ...".
"Chiudi quella bocca, mettiti il grembiule e fila in cucina!
Da oggi sei l'assistente di Danny Irreparabili!".
Oggi, a quasi dodici anni da quel tragico giorno, mi vedo costretto
a recarmi a Milano per recuperare l'idiota, reduce dal viaggio
premio - di sola andata - per il Nepal che gli avevo regalato
qualche mese fa. Come forse ricorderete, un recente telegramma
del deficiente cosmico mi ha comunicato il suo imminente ritorno
grazie a una cospicua vincita al totocalcio nepalese. Vi dò
l'appuntamento alla prossima puntata, per sapere come sono andate
le operazioni di ritorno a casa e - soprattutto - per dirvi a quanto
ammonta un milione di rupie nepalesi tradotto in lire.
Dr. Danny Irreparabili.