Natale a casa Irreparabili

Ormai mancano solo una manciata di giorni a Natale, ma io, al contrario di tutti gli uomini di buona volontà, sono costretto a vivere questo periodo in preda ad un irrefrenabile istinto omicida: e vi assicuro che chiunque metterebbe da parte ogni proposito di bontà se solo avesse in casa un idiota come Massimo Riserbo. Ma poiché la Sfiga Suprema è capitata a me, sono costretto a sorbirmi, come peraltro ogni anno, il rito dell'addobbo della casa nello stile classico dell'imbecille, ovvero con massiccia profusione di danni e disgrazie. Il tutto ha inizio fin dai primi giorni di dicembre con la costruzione dell'albero di Natale: ricordo benissimo quell'anno in cui Massimo, in piena estasi creativa, decise di utilizzare uno dei preziosi bonsai della zia Cleofe; la quale venne a farmi visita, e inorridita per il trattamento riservato alla sua creatura mi cancellò immantinente dalla lista degli eredi.

L'inverno successivo il Deficiente Cosmico approfittò di un mio periodo di assenza, abbatté il mio platano preferito (nonché sostegno dell'amaca) e cercò di introdurlo in casa; dopo quattro ore di tentativi realizzò che non sarebbe mai passato dalla porta, quindi lo fece a pezzi, numerò i rami e ricostruì il tutto nel salotto con l'ausilio dell'Attak. Al mio ritorno vidi il misfatto, e fui costretto a punire il colpevole privandolo per un mese della Girella a colazione; ma ben più grave era la punizione che si sarebbe abbattuta su di me di lì a poco. Infatti durante il cenone di Natale, che come tradizione vuole deve aver luogo sotto l'albero, l'Attak dichiarò la resa lasciando cadere un grosso ramo sulla testa del Magnifico Rettore dell'Università La Sapienza, che avevo incautamente invitato a cena.

Per evitare ulteriori sciagure, l'anno successivo misi mano al portafoglio e regalai al cerebroleso un abete sintetico, con buona pace mia e della Lega Ambiente. Ma anche in questo caso Massimo volle dar prova di grande intelligenza, piantando l'albero finto in giardino al posto del platano abbattuto l'anno precedente: dopo mesi di cure amorevoli e milioni spesi in concime, l'abete di plastica non dava segni di attecchimento, né era cresciuto di un solo centimetro. Con malcelato sarcasmo feci notare al mio assistente la scritta "Made in Taiwan" stampata sul tronco, e gli spiegai che l'albero non avrebbe mai messo radici. Dopo aver riflettuto una buona mezz'ora, Massimo esclamò: "Forse hai ragione! Queste piante orientali sono troppo delicate, e non riescono ad adattarsi al nostro clima. Quasi quasi lo porto in casa e lo uso come albero di Natale!"

Ricordo con somma sofferenza il periodo postmoderno di Massimo Riserbo: tre anni d'inferno durante i quali l'idiota decise di addobbare l'albero con gli oggetti più disparati, in segno di rottura con le tradizioni obsolete del passato. Il primo Natale del triennio passò senza traumi eccessivi, visto che Massimo decise di decorare l'albero con le mie cravatte; l'anno dopo fu la volta delle scarpe, che effettivamente diedero luogo a un discreto effetto scenico: brillanti mocassini di vernice, variopinte calzature sportive e vaporose moppine creavano sicuramente un bel colpo d'occhio. Ma anche un bel colpo al naso, visto che a dispetto del massiccio impiego di Divor Odor, i miasmi provenienti dall'albero di Natale causarono, nell'ordine, lo svenimento del nostro cane Attila, una grave aritmia cardiaca alla cugina Penelope e una visita della goletta verde di Greenpeace. Senza contare che fui costretto a recarmi alla funzione di Natale, a un convegno e a un appuntamento galante con le ciabattine infradito, uniche superstiti della foga creativa di Massimo. Il quale, dodici mesi dopo, decise di utilizzare la mia collezione di monete antiche, comprendente pezzi rarissimi di valore inestimabile. Per fissare agevolmente ai rami dell'albero Sesterzi e Dobloni, l'idiota numismatico pensò bene di forare i preziosi reperti, mandando in fumo contemporaneamente la possibile soluzione ai miei debiti e la mia proverbiale pazienza.

Che ci crediate o no, Massimo Riserbo fa parte di una associazione culturale, il Circolo Lobotomizzati, che ogni anno organizza un presepe vivente utilizzando, a rotazione, locali messi a disposizione dai vari soci. Ovviamente, alcuni Natali or sono è toccato a lui fare gli onori di casa; o meglio, gli onori di capanna, visto che per un paio di settimane mi sono visto transitare nel salotto, nello studio e - quel che è peggio - nei pressi del frigorifero, una processione ininterrotta di pastori, contadinelle, re magi, anatre, pecore e maiali. La camera da letto era stata trasformata in stalla di sosta per tre cammelli, con le immaginabili e poco edificanti conseguenze olfattive; il bue e l'asinello, ricoverati nel laboratorio, a causa di un battibecco sulla spartizione del fieno passarono a vie di fatto mandando in frantumi tutte le provette e gli alambicchi disponibili, compreso quello contenente la mia pregiata grappa di Pinot autoprodotta.

La sera della prova generale la corda che sosteneva l'angelo si ruppe, provocando la caduta del medesimo sulla statua in terracotta del Bambin Gesù; e poiché non ce n'erano altre disponibili, toccò al sottoscritto dar vita a un ingombrante e poco credibile bambinello. Della magica notte successiva ricordo soprattutto due cose: Massimo Riserbo, nei panni di Giuseppe, che sotto la barba posticcia ghignava come un pazzo, e l'alito del bue, che secondo la tradizione avrebbe dovuto scaldarmi e invece mi tramortì per evidenti problemi di fegato. Quest'anno ho concesso a Massimo solo la realizzazione di un tradizionale albero, rinunciando a cravatte, scarpe, monete e presepi viventi; forse, con un po' di fortuna, riuscirò a fargli ripetere l'exploit di quel meraviglioso Natale in cui, travestito da Santa Claus, l'idiota rimase incastrato nella canna fumaria regalandomi i sei mesi più tranquilli della mia vita.

Mi congedo dagli affezionati lettori ricordando fin d'ora l'appuntamento con la prima puntata del 1997: andremo a scoprire cosa ci riserveranno gli astri per l'anno nuovo, per riprendere in seguito la serie "Cara TV". Auguro a tutti di trascorrere un Natale pieno di gioia e un divertente Capodanno: voi, che non avete Massimo Riserbo fra i piedi, forse potrete riuscirci.


Dr. Danny Irreparabili.