Cara TV (sesta parte) - La pubblicità

Non di soli spot vive la pubblicità televisiva ma, almeno negli ultimi anni, anche dell'innovativo sistema della televendita. Quest'ultima è solitamente un siparietto proposto nell'ambito di un programma, e prevede la partecipazione dei conduttori del medesimo al messaggio pubblicitario: abbiamo così gli irresistibili Aldo, Giovanni e Giacomo che per l'occasione si trasformano negli stilisti Pulce & Pojana, accompagnati da un Cesare Cadeo che si produce in una caratterizzazione gay di preoccupante realismo; abbiamo Marco Columbro che introduce in studio un'automobile con quattro bonazze a bordo, e prende a decantarne estetica, dotazione e prestazioni (non si sa se della macchina o delle bonazze). Abbiamo poi Simona Ventura che, nel corso di una televendita di pneumatici, viene palpata in ogni dove da un tentacolare Paolo Hendel (beato lui); Paola Barale e Fiorello (beato anche lui) che per pubblicizzare uno yogurt fingono di essere moglie e marito; Paolo Bonolis, la mitragliatrice umana, che per non smentire la filosofia dei suoi telequiz presenta televendite dove due smarriti concorrenti devono risolvere giochini assolutamente idioti, sotto il fuoco di fila generato dalle corde vocali del conduttore.

Ma uno soltanto rimane il sovrano della televendita, monarca incontrastato della ruffianeria, re indiscusso della leccata via etere: il Mike nazionale e il suo trapianto in stile vittoriano, la mummia vivente di tutti i palinsesti. Lo abbiamo visto tutti, al festival di Sanremo, cercare di convincere Silvia Salemi che il titolo della sua canzone era "A casa di Lucia" e non "A casa di Luca"; lo abbiamo visto anche in una esemplare dimostrazione di senso dell'umorismo, quando è stato preso in giro da Barbareschi calato nei panni di un concorrente della Ruota della Fortuna. Mike si è anche esibito in una performance di grande galanteria, quando si è mangiata viva la povera Antonella Elia, colpevole di aver preso le distanze da uno sponsor (cosa comprensibile, visto che si trattava di una pellicceria). E da questo episodio all'argomento televendite il salto è brevissimo: d'accordo che i miliardi guadagnati dal presentatore provengono in buona parte dagli sponsor, ma riuscire a trasformarsi in prosciutto cotto in diretta è roba per soli professionisti.

Per sottolineare la bontà dei suoi insaccati Mike giura su sua moglie, sui figli, sui suoi cani e sulla sua intramontabile potenza sessuale; e, secondo alcune voci di corridoio, darà di quest'ultima riprova inconfutabile con un'exploit mai osato prima: un accoppiamento in diretta TV con una grossa mortadella senza pepe, senza polifosfati aggiunti e senza precauzioni contraccettive. Vanno poi ricordate alcune espressioni caratteristiche con le quali il noto presentatore condisce le sue televendite, e che vado sinteticamente ad elencare:
A) Il saluto ai nonnini e ai vecchietti, che espresso da lui che ormai rasenta il secolo suona un po' come una presa per i fondelli.
B) "Certo che io ho proprio una bella moglie". Omissis: a differenza di voi che dovete dividere la vostra esistenza con delle befane.
C) "Questo fine settimana andrò, come al solito, a sciare a Cortina". Omissis: a differenza di voi plebei che al massimo vi potete permettere una scampagnata al lago di Soanne con la vostra fetida 127 a metano e la vostra ancor più fetida famiglia di sgorbi umani.

Ed ora, visto che siamo in tema, vorrei fare una breve carrellata sugli spot che - in un modo o nell'altro - hanno lasciato un segno incancellabile nella storia della pubblicità, cominciando da quello che si aggiudica la palma de...

Lo spot più offensivo.
Ovvero quello che, alcuni anni orsono, mostrava un tipo di trentaquattro anni con beata famigliola e sparava candidamente: "Tal dei Tali, coniugato con Tizia, reddito mensile QUATTRO MILIONI E DUECENTOMILA LIRE!". In pratica, secondo le ferree leggi della pubblicità, lo stipendio medio di un lavoratore italiano, che fosse un cassintegrato della Fiat o un minatore del Sulcis. Eravamo tutti capitalisti e non lo sapevamo!

Lo spot più stagionato.
Capita spesso che uno slogan o un tormentone venga riproposto nelle nuove pubblicità, a conferma del concetto di tradizione che si rinnova, ma sempre con un ricambio continuo di volti, ambienti e musiche. Invece l'immortale spot dei pennelli Cinghiale è sempre quello da almeno vent'anni, col suo bel vigile impettito e l'imbianchino con una pennellessa da due quintali in spalla. E la voce che pronuncia lo slogan finale, se non erro, è la stessa dei salumi Negroni di caroselliana memoria. Il che è tutto dire.

Lo spot più bello.
Almeno a giudizio del sottoscritto, è quello della Nike dove si vedono Maldini, Campos, Brolin ed altri famosi calciatori affrontare le forze del male al cospetto di un arbitro cieco e di due segnalinee muniti di dobermann. L'unico appunto che posso fare a questo spot riguarda la presenza di Eric Cantona nella formazione dei buoni: almeno dopo aver visto il suddetto prendere a calci un tifoso durante una partita di campionato inglese.

Lo spot più irritante.
Qui ne metto almeno tre a pari merito. A cominciare da quello dove la civetta di turno esclama "Mi vuoi tutta ciccia e brufoli?" e alla quale non posso che rispondere: sì, perdiana, ti auguro di svegliarti domattina con un fardello di lardo che in confronto Luciana Turina è una libellula, e con dei bugnazzi così grossi che per schiacciarli devi chiamare l'Anas e per raccogliere il pus devi far costruire una diga e per chiudere la ferita devi usare un cerotto grande come un lenzuolo. Ex aequo troviamo la réclame dove uno dei protagonisti chiede all'altro: "Ma tu cosa mangi, pane e gazzella?". E anche in questo caso auguro a entrambi di trovarsi a tavola, tutti i santi giorni, un filone di pane raffermo e un'antilope (viva e scalpitante) disposta a tutto tranne che a farsi mangiare. Per finire vorrei essere - almeno per un giorno - il papà di Gigi. Vorrei tanto rispondere al citofono e vedere sul monitorino le faccine impavide degli amici di mio figlio che tentano di scroccarmi decine di porzioni di Cremeria. Li farei salire tutti e li farei accomodare in una grande sala, salvo poi annegarli in massa con un'onda anomala di Cremeria Bigusto raccolta appositamente in un silos refrigerato.

Lo spot più mendace.
Quello dove una ragazza si trova nella necessità di uscire in fretta, e non trovando il proprio profumo usa quello del fidanzato. Dopodiché si ritrova addosso gli sguardi languidi delle signorine di mezza città. Bene, Massimo Riserbo ed io, illusi dalle magiche potenzialità del prodotto, ne abbiamo comprato cinque casse e ci abbiamo fatto il bagno dentro. Ma una volta usciti di casa, l'unico sguardo femminile che siamo riusciti ad attirare è stato quello, feroce, della nostra padrona di casa. La quale, doppietta alla mano, reclamava il pagamento di sei mesi di affitto arretrato.

Lo spot più ambiguo.
È quello di un altro profumo, dove si vede un omaccione muscoloso fermare una mano femminile che sta cercando di forzargli le mutande. E la domanda sorge spontanea: o lui è gay, o lei - che non si vede mai in volto - è brutta come un rospo, oppure lui è un minidotato e ferma l'intraprendente signorina nel timore che scopra l'imbarazzante segreto.

Lo spot più idiota.
Questa volta l'oggetto della réclame è un'automobile, e i protagonisti sono una coppia di manager, un uomo e una donna. E visto che quest'ultima desidera un croissant per colazione, lui pensa bene di portarla dove i croissant li sanno fare sul serio, cioè a Parigi. E anche qui la domanda sorge spontanea: ma se lei volesse riso alla cantonese per pranzo e una quattro stagioni per cena, lui cosa farebbe? E soprattutto, chi pagherebbe la benzina?

Lo spot più divertente.
A pari merito con quello delle caramelle Vigorsol, dove si vede il vincitore di una lotteria schiacciato da un'automobile caduta da chissà dove, piazzo senza ombre di dubbio lo splendido Claudio Bisio, che per reclamizzare una maionese duetta con un suino aspirante attore. E l'animale riesce a confermare, se mai ce ne fosse bisogno, che nel mondo della celluloide vagano esemplari bipedi molto meno preparati di lui e - quel che è peggio - molto meno espressivi.

E per questa puntata è tutto, cari fans irreparabili; l'appuntamento è fissato per il prossimo numero, dove sarà ancora la televisione a farla da padrona. A me non resta che salutarvi, ricordarvi che non tutti i Danny vengono per nuocere e che nelle librerie e nelle edicole della città è reperibile il mio libro "L'evoluzione della specie". Chi non lo compra diventa tutto ciccia e brufoli.


Dr. Danny Irreparabili.