Nella puntata precedente mi sono concesso la libertà di disquisire
su quello che è forse il più famoso di tutti i presentatori della televisione
italiana: Mike Bongiorno. Al quale va comunque ascritto il non indifferente
merito di avere inventato lo spettacolo televisivo di massa importando dagli
Stati Uniti, verso la fine degli anni Cinquanta, la fortunata formula del telequiz.
All'epoca il magico apparecchio era un lusso riservato a pochi privilegiati e a
qualche bar, con questi ultimi presi d'assalto da gruppi di appassionati di
"Lascia o raddoppia", il quiz televisivo ante litteram. Il giovedì sera
persino le sale cinematografiche lasciavano in disparte Via col vento e Quo
Vadis per soddisfare l'imponente domanda di Tv e mettevano a disposizione del
volgo un apparecchio che - visto dalle ultime file - non doveva fornire uno
spettacolo così eccitante. Molti, per la verità, alle domande di Mike,
preferivano le tette della vallettona Edi Campagnoli che, per contratto,
doveva porgere alla telecamera solo e soltanto il suo collinoso profilo,
evitando inoltre di pronunciare la benché minima parola.
L'ancora imberbe Michelino, che già vantava quaranta gradi di miopia
ma ancora non rinfacciava al popolo i suoi week-end a Cortina, divenne un
autentico divo nel volgere di poche puntate, e come lui i concorrenti che
partecipavano al gioco; quando poi sorgeva una diatriba sulla completezza
di una domanda o sulla veridicità di una risposta, l'Italia si spaccava
in due. Passò alla storia l'episodio del controfagotto, strumento musicale
sconosciuto ai più, che divenne più famoso del pianoforte quando si trovò
ad essere oggetto di una delle suddette diatribe. All'epoca il sottoscritto
non era ancora nato, ma grazie al gigantesco archivio storico di cui dispone
Massimo Riserbo (i racconti di suo padre) posso citare altri tre giochi
televisivi che tentarono di scalfire la supremazia di "Lascia o raddoppia",
nel periodo giurassico della TV italiana: Campanile Sera, l'Amico del Giaguaro
(condotto da un giovanissimo Corrado Mantoni) e soprattutto il Musichiere.
Presentato da uno splendido Mario Riva, che sarebbe scomparso tragicamente
pochi anni più tardi.
Il Musichiere si basava su un meccanismo a dir poco elementare: i concorrenti
dovevano crogiolarsi su una sedia a dondolo (proprio così!), ascoltare
l'attacco di un brano musicale e - una volta riconosciutolo - precipitarsi a
suonare una campanella posta a dieci metri di distanza. Il quiz piaceva agli
italiani perché per partecipare da casa, non era necessario essere laureati
in fisica nucleare né docenti alla facoltà di lettere moderne: bastava un po'
di senso musicale, un pizzico d'orecchio e un briciolo di memoria per diventare
campioni del Musichiere.
Gli Anni Settanta videro la clamorosa affermazione di un altro quiz del
presentatore italo-americano: il Rischiatutto. La valletta in questo caso era
un poco più che adolescente Sabina Ciuffini, capace di scandalizzare
l'intera penisola con hot pants e microgonne di chiara ispirazione
grunge-psichedelica; e anche lei, come la Campagnoli, non era autorizzata
a parlare. A differenza del famigerato Signor No, bieca figura di giudice arbitro
cui spettava l'ingrato compito di demolire le speranze di vittoria dei concorrenti
con la celebre frase "la prima risposta è quella che conta". Ludovico Peregrini,
questo era il suo vero nome, vantava nel suo scarno vocabolario anche la
proposizione "la risposta è stata data a tempo scaduto" e il monosillabo "No"
che lo rese famoso e anche divorziato, visto che era l'unica risposta con la
quale stroncava le richieste coniugali della moglie.
Rischiatutto era diviso in tre parti: nella prima i concorrenti, che si presentavano
su una materia a loro scelta, venivano sottoposti a dieci domande estratte dalla
storica busta: in caso di risposta esatta a tutti i quesiti Mike poteva decretare
l'En Plein, dando prova di perfetta conoscenza del francese, oltre che dell'inglese.
Poi si passava al gioco del tabellone, formato da una cinquantina di domande di
cultura generale inframmezzate dal pericoloso "Rischio" e dal benevolo "Jolly"
che permetteva al concorrente di incamerare la cifra relativa senza rispondere
a nessuna domanda. Alla fine si abbassavano le luci, le cabine venivano chiuse
a doppia mandata, i concorrenti indossavano le celebri cuffie, e in un'atmosfera
da esecuzione capitale si procedeva alle domande finali. Per rispondere alle quali
era sufficiente, come succedeva nel Musichiere, un pizzico d'orecchio, un briciolo
di prontezza di riflessi e la conoscenza globale della Treccani in edizione integrale.
I quizzoni di Bongiorno cominciarono ad avere vita difficile verso la seconda
metà degli anni settanta, quando una splendida trasmissione, semplice e geniale
come il suo conduttore Enzo Tortora, calamitò l'attenzione di tutti i telespettatori
italiani. Si trattava di "Portobello", il mercatino del venerdì, e benché non si
trattasse di un vero e proprio gioco merita ugualmente un ampio spazio in questo
articolo, non foss'altro perché del gioco aveva la filosofia, goliardica e spensierata
al tempo stesso. C'era l'angolo in cui un improvvisato concorrente cercava di far
dire "Portobello" a un pappagallo che probabilmente si chiamava Loreto
e non capiva il perché di tanta insistenza: c'erano - pure qui - le cabine
nelle quali prendevano posto stralunati inventori che offrivano al mercato le loro
creature, e gente qualunque che offriva gli oggetti più assurdi; c'era uno
spazio destinato a persone che cercavano l'ex commilitone, o la vecchia fiamma,
o l'amico d'infanzia. C'era una sigla a cartoni animati che da sola valeva più
di tutti i quiz tradizionali messi insieme. Era il gioco vero, l'autentica voglia di
divertirsi e fare spettacolo in modo semplice e genuino, senza poter vincere
centinaia di milioni e senza dover imparare a memoria la Treccani.
Dr. Danny Irreparabili.