Cara TV (nona parte) - Giochi e quiz

Sotto molti aspetti gli anni settanta non furono esattamente il massimo per il nostro paese: passati alla storia come gli anni di piombo, portarono venti di terrorismo e di rivolta, di protesta e di lotta. Voltare pagina ed entrare nel nuovo decennio fu quasi una liberazione per l'Italia e gli italiani: i quali, forse per esorcizzare i fantasmi del recente passato, si buttarono a capofitto negli anni del falso benessere, dell'ostentazione e della superficialità. Come sempre accade, il termometro della nuova situazione fu la televisione, regina dei mass media e affidabilissimo indicatore dei cambiamenti di costume. Le prime conseguenze del nuovo corso furono soprattutto tre: l'avvento del colore, che cagionò una sfrenata corsa all'acquisto da parte delle famiglie italiane, la diffusione del telecomando, che causò l'ingrassamento di molti nostri connazionali e la comparsa di innumerevoli piaghe da decubito dovute all'infernale accoppiata TV-divano, e l'arrivo nell'etere di tale cavalier Berlusconi Silvio. Il quale, non pago dei miliardi racimolati con la speculazione edilizia, diede la scalata anche al redditizio settore dell'emittenza televisiva; al pelatone di Milano va però ascritto il non indifferente merito di aver mosso le acque della produzione TV, fino a quel momento alquanto stagnanti, grazie all'infallibile metodo della libera concorrenza.

Anche i giochi e i telequiz, fino ad allora monopolizzati dai polpettoni Bongiorniani, subirono una decisiva svolta, in virtù dell'arrivo da oltreoceano di formule originali e innovative: Ok il prezzo è giusto, tanto per fare un esempio, gode di un discreto successo in Italia da circa una decina d'anni, sotto la conduzione di Gigi Sabani prima e di Iva Zanicchi (o della sua mummia) in tempi più recenti. Ma forse non tutti sanno che questo tipo di programma va in onda negli States dall'era Cretacica della televisione, quando da noi la magica scatola muoveva i primi, timidi passi in bianco e nero. Lo stesso discorso vale per il Gioco delle coppie, tipico prodotto della demenza anni '80, copiato pari pari da un'analoga trasmissione americana; a proposito di questo gioco, ricordo con sommo divertimento le facce dei concorrenti che, convinti dalla voce o dalle risposte date dalle "prede", si trovavano davanti delle bruttone da girone dantesco e con quale difficoltà dovessero abbozzare, trovandosi davanti a quattro o cinque milioni di spettatori pronti a minchionarli.

Non da meno era lo spasso prodotto dal gioco Tra moglie e marito, altro show d'importazione condotto da un Marco Columbro che fino a quel momento era famoso solo come voce di Five, il pupazzo portafortuna delle reti di Berlusconi oggi sostituito dal pupazzo vivente Emilio Fede. Al gioco partecipavano tre coppie di coniugi, che dovevano dimostrare il loro affiatamento rispondendo allo stesso modo a domande poste loro separatamente; dette domande erano talvolta assai legate alla vita intima della coppia, e capitava che un ignaro marito sapesse solo davanti a una folta platea di non essere stato il primo a concupire la consorte, con conseguente indigestione di rospi giganteschi e impallidimenti da manuale. Un nonnulla, se confrontati allo stato d'animo delle mogli che vedevano svelati in diretta i loro segreti sessuali, con grande dispendio di matterellate - suppongo - una volta tornati a casa.

E sempre in tema di rivelazioni piccanti, non si può non menzionare uno dei programmi-culto di quegli anni senza sugo, proposto dalle TV minori ad orari impossibili: Colpo Grosso. Il titolo era probabilmente da attribuire alle forme non proprio leggiadre del presentatore Umberto Smaila, che in smoking bianco sembrava ancor più vasto, e lo scopo del gioco era quello di denudare una decina di begli esemplari umani presenti in sala. Nelle prime edizioni i suddetti esemplari erano metà donne e metà uomini (nell'accezione numerica, ovviamente) e avevano il volto pudicamente celato da una mascherina; visto però che il target - a quell'ora e con certi presupposti - era formato esclusivamente da spettatori maschi, i connotati dello show cambiarono decisamente. Prima di tutto via gli spogliarellisti, che causavano preoccupanti cadute di audience durante le loro pur valide esibizioni; poi via le mascherine e via anche la contorta regola che prevedeva la mesta rivestizione delle signorine in caso di risposta sbagliata: nel periodo di massimo splendore del programma, bastava rispondere a un paio di domande da terza elementare per ridurre la bellona di turno a una nudità pressoché totale.

Saltando a piè pari quiz validi ma tutto sommato ordinari come Bis, Paroliamo e Il Pranzo è Servito, vorrei soffermarmi in chiusura sull'unico, vero, irraggiungibile gioco a premi della televisione italiana, non solo degli anni ottanta ma di tutta la sua storia: Indietro tutta. Ideato dalla mente suprema di Renzo Arbore e presentato da un Nino Frassica nella sua forma migliore, il programma era stupendo perché ironizzava sull'essenza stessa della finzione televisiva: quando si vinceva si trattava di fantastiliardi, mica brustoline, e gli spettatori in sala erano divisi in due tribune separate, con i settentrionali da una parte e i meridionali dall'altra. C'era la Ruotona della Fortunona che anticipava di diversi anni quella di Michelino Bongiorno, c'era il notaio che sembrava la brutta copia del già brutto Biscardi, c'era un gioco che consisteva nell'indovinare il pensiero di un tale appositamente introdotto in sala, e soprattutto c'era il Cacao Meravigliao, ovvero uno sponsor finto come tutto il resto, con tanto di balletto Samba, logo e iniziative benefiche come la costruzione di un villaggio in Esquimia. Eppure, nonostante la palese assurdità del messaggio, migliaia di persone si riversarono nei negozi, nella speranza di trovare il prodotto, magari nelle sue varianti, Delicassao, Spregiudicao e Depressao. E il messaggio di un simile fenomeno può essere uno soltanto: attenti alla televisione, signori miei, perché quello in cui vuole farvi credere è tutto finto.

Me lo ha detto Topo Gigio.


Dr. Danny Irreparabili.