Senza rispondere, Lilith fece cenno ad Hagar di seguirla, e dopo un breve
ma faticoso percorso tra rovi e cespugli si trovarono al cospetto di una
piccola apertura nella roccia. Hagar riuscì a malapena a introdurvi
la torcia e, guardando attraverso il pertugio rimasto vide... "Graffiti
preistorici! Sono centinaia di lune che io e tuo padre li stiamo cercando!
Sapevo che da qualche parte dovevano esserci! Ma tu come hai fatto a..."
"Li abbiamo trovati io e Axos, quando venivamo a giocare sulla collina
ed eravamo abbastanza piccoli per infilare la testa in quella fessura. Di
giorno, la luce del sole penetra da un'altra fenditura sulla sommità
della grotta e illumina proprio il graffito che ti interessa, proprio lì
sulla tua sinistra. Io e Axos ne abbiamo fatto il nostro segreto".
Nel graffito si vedevano due gruppi di uomini: quelli del gruppo meno numeroso
erano il doppio più alti, muniti di strani arnesi che potevano essere
lance, o balestre, o chissà cos'altro, e stavano ritti davanti ad un
grosso oggetto simile, nella forma, al fuso di un telaio per tessere. Un'altra
scena seguiva la prima, e in essa si potevano vedere i piccoli uomini stesi
a terra, mentre i grandi uomini alzavano le braccia in segno di vittoria.
Cosa poteva significare tutto questo?
Appena giunto in paese, Hagar passò di casa in casa a svegliare i
membri del Gran Consiglio, ancora ebbri dopo la festa delle Foglie Cadenti;
essi sapevano che il Consiglio d'urgenza veniva convocato solo in casi gravissimi,
e non protestarono più di tanto per l'alzataccia cui li aveva costretti
Hagar. Poco dopo ventiquattro toghe bianche, più il vestitino azzurro
della piccola Lilith, brillavano alla luce delle fiaccole nella sala del plenum.
Ma proprio mentre Hagar si stava lavando le mani alla Fonte della Verità,
prima di prendere la parola, un suono cupo e prolungato fece sobbalzare i cuori
di tutti gli astanti. Un vento sinistro e gelido spense tutti i fuochi, mentre
lame di luce bianchissima fendevano l'oscurità della grande sala. Hagar
e i suoi si precipitarono fuori, sul piazzale della Fratellanza, presto raggiunti
da tutti gli abitanti di Hamlin, svegliati dal frastuono e dal vento. Uomini, donne,
vecchi e bambini, senza una parola, guardavano l'immenso disco di luce avvicinarsi
sempre più, fino ad arrivare a cinquanta palmi dal suolo, occupare con la
sua mole quasi tutta la superficie della pur grande piazza, perdere progressivamente
luminosità per trasformarsi in un'immane scultura di metallo fumante.
Passò parecchio tempo prima che succedesse altro, e l'angoscia dell'attesa
era resa ancora più grave dal silenzio irreale che ormai aveva preso il posto
del suono cupo con cui l'oggetto si era annunciato. E mentre le prime luci
dell'alba stavano accarezzando la vallata di Hamlin, dal disco uscirono tre
rampe munite di altissimi gradini, e finalmente LORO apparvero.
Ad Hagar sembrò di rivedere la scena del graffito: gli alieni avevano due
braccia e due gambe proprio come lui e ogni braccio terminava con una mano provvista
di cinque dita. Il volto era coperto da una specie di elmo bianco, ma era facile
intuire che le proporzioni della testa rispetto al corpo non si discostavano
dalla norma. Però erano giganteschi. Talmente alti che per raggiungere la loro
statura un abitante di Hamlin avrebbe dovuto salire sulle spalle di un altro
abitante di Hamlin. Gli alieni usciti dall'oggetto erano ormai una ventina,
e mentre la maggior parte di loro controllava le strutture della nave, alcuni
armeggiavano intorno ad uno strano apparecchio. Questo doveva servire a verificare
la respirabilità dell'aria, perché poco dopo gli esseri che vi erano addetti si
tolsero l'elmo, seguiti da tutti gli altri.
Hagar, che si aspettava di vedere facce viola, venti occhi, e capelli verdi,
dovette ricredersi. Il loro colorito era di un rosa normalissimo, alcuni erano
un po' più scuri, altri erano quasi neri come del resto era tra la sua
gente. I loro tratti erano regolari, quasi familiari: uno assomigliava addirittura
al papà di Lilith, tanto che tra i rinfrancati popolani cominciavano
già a circolare batture scherzose. Visto che da parte aliena c'era totale
disinteresse per la presenza dei padroni di casa, Hagar si fece forza e affrontò
il suo dovere di capo della comunità. Avanzò verso gli alieni, seguito dallo
sguardo ammirato della folla, con la mano destra alzata in quello che - pensò -
doveva essere un saluto universale. Con voce ferma anche se flebile Hagar
pronunciò il benvenuto ufficiale, reso un po' ridicolo dalla forte inflessione
dialettale che da sempre lo affliggeva:
"A nome di tutto il mio popolo, vi dò il benvenuto e vi invito
a bere il vino dell'Alleanza. Spero siate venuti in pace!"
Quello che doveva essere il loro capo, non foss'altro per il maggior numero
di segni che ornavano la candida tuta, si accorse finalmente di Hagar e mosse
verso di lui. L'incontro tra i due mondi si concretizzava ora nelle due figure
che si fronteggiavano. L'alieno produsse alcuni suoni che Hagar non capì. Quindi
spinse alcuni pulsanti su una scatoletta che gli pendeva dalla cintura: dopo
alcuni tentativi, dalla scatola uscirono parole comprensibili, prodotte da una
voce metallica che si sovrapponeva a quella dell'essere, pur con numerosi errori
grammaticali e di sintassi.
"Fantastico" pensò Hagar, "un traduttore simultaneo!
Fino a questo punto, dunque, è arrivata la loro conoscenza!"
"Da tempo studiamo il vostro pianeta per capirne la composizione geologica:
i miei avi organizzarono una spedizione preliminare quando i vostri avi ancora
usavano le lance e le frecce. Ora il mio mondo ha bisogno di materie prime che
voi possedete in abbondanza, come l'ossigeno, il petrolio, l'uranio e l'oro.
Con o senza il vostro consenso, siamo venuti a prendercele".
Dinanzi a questo affronto Hagar chiamò a raccolta tutte le sue energie,
avventandosi sull'alieno in un'impari lotta:
"Voi non potete... Chi vi dà il diritto..."
Furono queste le ultime parole del vecchio Hagar, colpito a morte da un raggio
proveniente da uno strano bastone metallico, impugnato da uno degli invasori.
La folla, visto l'accaduto, si lanciò come un'onda impetuosa contro gli alieni,
ma nulla poté la loro superiorità numerica contro le terrificanti armi del nemico:
la battaglia durò il tempo di un respiro e alla fine il popolo di Hamlin fu
annientato. Solo Lilith, colpita a morte ma ancora capace di vedere e sentire,
coperta dal corpo del padre, vide l'ultima scena della sua breve vita: il capo
delle forze aliene si era fatto consegnare una strana bandiera e piantandola
con forza di fianco al cadavere di Hagar esclamò, dimenticando di avere il
traduttore ancora acceso:
"Io, comandante in capo delle Forze di Assalto Interplanetarie, prendo
possesso di questo mondo in nome del pianeta Terra".
Fine
Dr. Danny Irreparabili.