La pensione di Anzianità, albergo della prestigiosa catena Colantuono
Hotels nonché scenario delle nostre vacanze estive, tra i molti
difetti ne aveva uno assolutamente insopportabile: non era stato così
difficile chiudere un occhio sui cinque chilometri di distanza dal litorale,
né sulla presenza di tavolacci di contenzione al posto dei letti e
neanche sul cuoco, che teneva al guinzaglio una pantegana grossa come un
pastore maremmano. Ciò che veramente ha turbato i nostri cuoricini
si è rivelata l'angosciante, imperdonabile, insostituibile assenza
di un televisore. A onor del vero un apparecchio c'era, ma si trattava di
un giurassico Radiomarelli da dodici pollici in bianco e nero, capace di
ricevere solo il primo e il secondo canale RAI, e curiosamente solo trasmissioni
di qualche decennio fa rimaste sospese chissà come nell'etere in attesa
di trovare un televisore di poche pretese da occupare. Il palinsesto giornaliero
comprendeva A come Agricoltura, Sapere, Braccobaldo Show, Oggi le Comiche,
Campanile Sera e lo sbarco dell'uomo sulla luna commentato da Tito Stagno
e Ruggero Orlando; la domenica, ma soltanto la domenica, era prevista la
benedizione Urbi et Orbi impartita da Sua Santità Papa Giovanni XXIII,
e l'incontro di calcio di serie A ProVercelli-Casale. Tutto sommato una
programmazione potabile, se non fosse stato per la presenza costante,
ventiquattr'ore su ventiquattro, di Pasquale Colantuono, venerando bisavolo
del gestore, incollato al piccolo schermo. Massimo Riserbo, che aveva deciso
si stringere amicizia col vegliardo, un giorno si rese conto che lo stesso
era morto e in avanzato stato di decomposizione, ma non ne fece parola con
la direzione per non rovinare l'allegra atmosfera vacanziera.
Per far fronte all'inevitabile crisi di astinenza da TV, Massimo ed io
abbiamo dovuto ricorrere ai trucchi più subdoli: come quello di
fingere di provare centinaia di occhiali nel classico negozietto da
passeggiata, guardando con la coda dell'occhio la TV del pub attiguo;
oppure quello di commentare, osservare e catalogare i CD esposti nei negozi
di Hi-Fi, sbirciando i televisori accesi sulle scaffalature. Siamo arrivati
anche a montarci sulle spalle a turno per mettere il naso in casa altrui e
goderci le evoluzioni cromatiche del nostro elettrodomestico preferito: solo in
un'occasione siamo stati scoperti dal padrone di casa - tale Annibale Bottazzi,
mezzala professionista di rugby - che con un preciso pugno a martello ha
provocato un serio trauma cranico a Massimo e la frattura di entrambe le
clavicole a me che lo stavo sostenendo. Pur di guardare qualcosa che ricordasse
anche solo lontanamente la televisione, fissavamo per ore intere i monitor
delle banche dove scorrono perennemente le quotazioni dei titoli, gli schermini
a circuito chiuso dei supermercati, i forni a microonde, i computer di
Informacittà e gli acquari. Verso la metà di luglio Massimo
è caduto in uno stato di profonda crisi di astinenza da telecomando:
per alleviare la sua sofferenza ho dovuto realizzare un surrogato della magica
scatoletta, piantando alcune puntine da disegno colorato in una stecca di
legno sottratta al bureau dell'albergo. Il risultato, lungi dall'essere
realistico, era tutto sommato sufficiente per ristabilire la limitata psiche
del mio assistente, che passava giornate intere pigiando sulle puntine e
puntando il fantoccio di telecomando verso le lavatrici per cambiare il
ciclo di lavaggio.
La vacanza era ormai diventata un'insostenibile tortura; persino il nostro
Chihuahua, privato della pubblicità del Ciappi e del concorso "Stelle a quattro
zampe" stava cominciando a perdere il suo fiero portamento da feroce molosso
da guardia, e aveva perso ormai quasi tre grammi (che per lui, che ne pesa
una dozzina in tutto, sono parecchi). Ma di lì a poco la nostra sofferenza
sarebbe finita: a casa ci aspettavano le nostre poltrone, il nostro
telecomando - vero - e soprattutto la nostra sospirata televisione.
Praticamente gli unici oggetti trovati al nostro ritorno. Nei quattro mesi
della nostra assenza, complici l'assenza del feroce Attila e la sana abitudine
di Massimo di lasciare le chiavi sotto lo zerbino, i topi di appartamento
avevano avuto tutto il tempo di dar fondo alle nostre scorte di viveri
e - ahimè - vini pregiati, per poi portarsi via tutto ciò
che di mobile c'era in casa. Tutti tranne appunto la TV: sarà
perché si tratta del famoso modello Monolith a duecento pollici
della Megatsubishi (con rivestimento esterno in lastre di granito e travertino,
per un peso stimato di otto quintali abbondanti), sarà perché per farla uscire
di casa i malviventi avrebbero dovuto abbattere l'intera parete del salotto,
ma per nostra fortuna il prezioso apparecchio era ancora lì, al suo posto.
Come del resto le poltrone, talmente malridotte dalle nostre flatulenze da
disgustare anche il più insensibile dei ladri.
Senza neanche disfare le valigie e senza chiamare la polizia, ci siamo
sprofondati nelle nostre beneamate poltrone come ai bei tempi, ansiosi di
spararci una rinfrancante bordata di spot, film, telefilm, Tiggì,
Pippibaudi e Paololiguori; ma nel corso di un tentativo di record di zapping,
i nostri sensi ci hanno abbandonato, complice la stanchezza del lungo viaggio
di ritorno da Bellaria; e così nel corso di una trasmissione di Video
Music ci siamo lasciati andare tra le braccia di Morfeo, cullati dagli onirici
ricordi dei nostri programmi musicali preferiti: Canzonissima e lo Zecchino d'oro.
Dr. Danny Irreparabili.