Cara TV (dodicesima parte) - Musica in TV

Una cosa è certa: la televisione, figlia degenere ed esibizionista della radio, ai suoi albori aveva mutuato dalla mamma una spiccata propensione per la musica, forse conscia della scarsa qualità delle prime immagini trasmesse. Gli abbonati della seconda metà degli anni cinquanta ebbero così la possibilità di dare un volto alle loro voci preferite, esattamente come avviene oggi con i videoclip: Achille Togliani e Nilla Pizzi, Gino Latilla e Beniamino Gigli cessarono di essere dei semplici produttori di frequenze sonore per diventare esseri umani a tutti gli effetti, sebbene soltanto a due dimensioni. Non a caso il periodo cretacico della televisione vide la clamorosa affermazione di diversi spettacoli musicali: il Festival di Sanremo, innanzitutto, - argomento talmente vasto da meritare una prossima puntata - la cui data di nascita coincide in maniera sospetta con quella del mezzo televisivo; oppure "Buone vacanze da Gorni Kramer", frizzante varietà di mezza estate che vedeva il Maestro menzionato nel titolo presentare diversi cantanti emergenti, tra i quali quattro virgulti che di lì a poco sarebbero diventati l'onnipresente quartetto Cetra. C'era poi il Musichiere, quiz condotto dal garbatissimo e compianto Mario Riva, che riuscì a fondere in un unico programma i due generi più amati dagli italiani, gioco a premi e musica, con un meccanismo talmente geniale che dopo quarant'anni funziona ancora benissimo: "Sarabanda" di Marco Papi, con la sola variante dei dispositivi elettronici al posto della celebre campanella, non è altro che la riedizione fedele di quell'antico spettacolo. Il Musichiere, tra l'altro, sapeva divertire gli italiani proponendo le esibizioni canore dei personaggi che con le sette note avevano poco da spartire; probabilmente fu più storico il duetto vocale di Gino Bartali e Fausto Coppi che il passaggio della bottiglietta sullo Stelvio, immortalato dalla celebre fotografia. Chissà se Red Ronnie o Vittorio Salvetti riusciranno mai a convocare Villeneuve e Schumacher sullo stesso palco, o a far cantare loro "Strada facendo" di Baglioni?

Entro pochi anni il panorama della televisione italiana sarebbe stato sconvolto dall'arrivo di due grossissimi calibri, capaci di portare al delirio le folle e di spopolare le strade nelle sere dedicate alla loro programmazione: "Canzonissima" e "Lo Zecchino d'Oro". A onor del vero bisogna dire che i due programmi, benché accomunati dalla musica, erano strutturati in maniera assai differente. "Canzonissima" era infatti settimanale, teneva incollati gli spettatori allo schermo tutti i sabato sera da settembre fino al 6 gennaio: infatti, come "Fantastico" e "Scommettiamo che..." in tempi più recenti, la trasmissione era abbinata alla Lotteria Italia, altro motivo del suo successo. "Lo Zecchino d'Oro", concorso musicale per i più piccoli, era invece una sorta di piccolo Festival annuale che nessun pargolo dell'epoca (io compreso) si sarebbe perso per nessun motivo. Bambini di tutta Italia (e in seguito anche stranieri) si cimentavano con canzoncine farcite all'inverosimile di cani, gatti, topi e uccellini, dalle rime facili facili e spesso motivo di autentico culto popolare: c'è chi ha imparato la matematica grazie allo Zecchino (Quarantaquattro gatti in fila per tre col resto di due), chi ha imparato i versi degli animali, chi ha conosciuto lo spessore di alcuni personaggi storici (Riccardo Cuordileopardo) e chi si è reso conto che la caffeina non è più così dannosa per il sonno (La ninna nanna del chicco di caffè).

Le figure chiave dello spettacolo erano sostanzialmente due: in primis Cino Tortorella nell'interpretazione del Mago Zurlì, uno dei personaggi più longevi e al tempo stesso più ridicoli del piccolo schermo, specialmente negli ultimi tempi, quando l'attillata calzamaglia da principe azzurro conteneva a stento i debordanti rotoli del sessantenne presentatore; e poi c'era la dolcissima, silenziosa, esile, Mariele Ventre, direttrice del piccolo coro dell'Antoniano, scomparsa lo scorso anno dopo una vita trascorsa in mezzo ai bambini nel tentativo spesso vano di intonare acerbe voci bianche. Grazie a lei e a Mago Zurlì, lo Zecchino si è poi rivelato un'autentica fucina di talenti: un nome per tutti, la grande rock star, the best italian voice, la Spice Girl italiana, Cristina d'Avena, personaggio talmente importante nella scena telemusicale da meritare un intero capitolo in questa serie.

Tornando a "Canzonissima", non possiamo non menzionare i mille fenomeni di costume, grandi e piccoli, originati da quella che era la trasmissione regina dell'unico polo televisivo allora esistente. Fece scalpore l'ombelico di Raffaella Carrà e le calze nere che velavano le lunghe gambe delle gemelle Kessler. Fece scandalo la conduzione spregiudicata e personale di Dario Fo, che dovette aspettare svariati decenni prima di veder premiato con il premio Nobel il suo ruolo di fustigatore di regime. Destavano curiosità i piedi nudi di Sandie Shaw e gli occhiali spessi tre centimetri di Nicola di Bari, e tutti gli italiani maschi aspettavano con ansia l'apparizione di Maga Maghella (cugina di secondo grado di Mago Zurlì) della quale erano tutti segretamente innamorati. Gli elementi della grande sagra di paese c'erano tutti, compreso il campanilismo creato ad arte, affibbiando a molti cantanti soprannomi evocativi: Claudio Villa era il Reuccio de Roma, Iva Zanicchi era l'Aquila di Ligonchio, Mina era la Tigre di Cremona e Maria Ilva Bioncati, in arte Milva, si faceva chiamare la Pantera di Goro. Le signore erano divise tra Gianni Morandi e Massimo Ranieri, i giovani stravedevano per Antonio Ciacci da San Marino, più famoso come Little Tony, titolare del ciuffo e dei giubbotti più inverosimili di tutti gli anni Settanta. Le ragazze piangevano davanti al loro idolo Bobby Solo (Roberto Satti) e c'era anche un modo di farsi due risate con le buffe esibizioni canore di Enzo Jannacci, Giorgio Gaber e Nino Ferrer.

E fortuna che in quegli anni era ancora troppo piccolo per cantare, altrimenti anche i riminesi avrebbero avuto un idolo per cui tifare: Danny Irreparabili, il paganello della Barafonda.


Dr. Danny Irreparabili.