All'inizio c'era la radio.
E c'erano un paio di trasmissioni che permettevano ai giovani di allora
di godersi un po' della loro musica preferita senza spendere un patrimonio
in dischi e senza doversi addormentare al cospetto delle lacrime, delle zingare
e delle colline di Canzonissima. C'era Alto Gradimento degli imberbi Renzo
Arbore e Gianni Boncompagni, capostipite di tutti i programmi demenzial-musicali,
e c'era la storica Hit Parade di Lelio Luttazzi, antesignana di parecchie
tendenze, compresa quella degli applausi registrati, e di termini come
"Canzone Regina" e "Damigella d'Onore". Ma, ahimè, il rock era considerato
la musica del diavolo e sarebbero passati ancora molti anni prima che mamma TV,
bigotta e incline alla facile censura, aprisse le porte ai nuovi gusti musicali.
Ci riuscì nella seconda metà degli anni settanta grazie
a una trasmissione giovane e frizzante, Piccolo Slam, presentata dalla
coppia caffelatte Sammy Barbot e Stefania Rotolo. Il primo, disc-jockey
con velleità da cantante, riuscì persino ad ottenere un
discreto successo col brano "Aria di casa mia"; Stefania Rotolo,
scomparsa a meno di trent'anni, era una specie di Heather Parisi ante
litteram, bionda ma coi capelli corti, talmente energica e dinamica che
spesso le telecamere la perdevano in giro per lo studio: ballava, cantava
e presentava ospiti e canzoni, che erano poi la vera ragione di essere
della trasmissione. In contemporanea, in terra monegasca, veniva dato il
via ad un esperimento ancora più ardito, ritentato solo in tempi
più recenti da Radio Dee Jay: portare sullo schermo un intero
studio radiofonico (nella fattispecie quello di Radio Montecarlo) completo
di mixer, cuffie, microfoni e disc-jockey. Questi ultimi erano il baffuto
Awana Gana, fra i primi uomini con l'orecchino visti in televisione,
e l'esotico Jocelyn - proprio lui! - che in seguito avrebbe consolidato
il proprio successo presentando vari quiz di dubbio gusto.
All'epoca imperava il bianco e nero, e il concetto di Video Clip era ancora
di là da venire; i rari filmati proposti erano tratti da concerti,
da spezzoni rubati in sala d'incisione e da montaggi artigianali. Ma una
serie di piccole e grandi rivoluzioni in qualche anno avrebbe cambiato il
concetto stesso di musica: sulla scia di MTV, leggendaria emittente di lingua
inglese, nei primi anni ottanta vide la luce Video Music, il grande magazine
italiano della musica illustrata che per i giovani di quegli anni (io compreso)
era il massimo che si potesse desiderare. A dire il vero i Video Clip erano
ancora pochini, quindi la loro rotazione causava giocoforza la ripetizione
ossessiva delle stesse immagini. Ma la strada intrapresa era quella giusta,
e al leit-motiv del video si aggiunsero con gli anni informazioni su concerti,
monografie, argomenti sociali e culturali. Da non trascurare poi il particolare,
solo apparentemente banale, del titolo della canzone e del nome del cantante
sovraimpressi in un angolo dello schermo: così da poter abbandonare
l'inglese maccheronico e pronunciare finalmente il nome del proprio idolo con
cognizione di causa. Una bruttissima copia dell'idea di Video Music venne
proposta anche alla Rai con un programma che faceva schifo già a partire
dal nome: L'Orecchiocchio. Anche se i Clip erano pressapoco gli stessi, il
contenitore, la grafica e i presentatori riuscirono a decretare la morte
prematura di questo mostro.
Ben altra fortuna spettò al primo programma musicale del Cavalier
Berlusconi, che era poi il primo programma della Finivest visibile dalle
nostre parti: si chiamava Pop Corn (chi non lo ricorda?) e l'emittente era
Antenna Nord, embrione del venturo canale del Biscione. Chi riusciva a
captarla era un privilegiato, chi non riusciva si ingegnava con antenne
speciali, amplificatori di segnale e ogni altra diavoleria pur di seguire
la performance del verboso Mauro Micheloni e di Russel Russel, ballerino
di colore che intratteneva i telespettatori con improbabili lezioni di
danza giornaliere. Anche Pop Corn, suo malgrado, ebbe una fine e dovette
passare il testimone a un'altra trasmissione made in Segrate legata a doppio
filo alla rivista di casa Fininvest Sorrisi e Canzoni TV. Il programma era
Superclassifica Show e merita una menzione particolare in questa rassegna
perché dalla prima nota della sigla di testa all'ultima di quella di
coda non c'era assolutamente niente da salvare. Pollice verso per il Telegattone
(Oscar per gli amici), approssimativo cartoon doppiato da Franco Rosi che aveva
l'ingrato incarico di aprire le danze: vergogna e vituperio per il Deejay X
che si presentava in video con la testa a mirrorball e la voce impostata, con
lo specifico compito di proclamare la canzone riempipista (wow!). Ma soprattutto
devo tributare l'infamia suprema a Maurizio Seymandi e al suo parrucchino
bionico, dimostrazione tangibile che il mondo (e non solo quello televisivo)
è fatto di raccomandazioni.
Battuto sul campo della inettitudine televisiva solo da Gigi Marzullo,
Seymandi avrebbe potuto fare di tutto nella vita, dal fruttivendolo al
pescatore, ma non il presentatore: e per arrivare a tale ruolo, e mantenerlo
per tanti anni, deve aver avuto conoscenze molto vicine al Creatore stesso.
Era patetico quando intervistava i cantanti che, imbarazzati dalle sue domande
idiote, guardavano spesso la telecamera in cerca di spiegazioni su tanta demenza:
era avvilente quando cercava di spiccicare qualche parola di inglese davanti a
prestigiosi ospiti stranieri, spesso meravigliati dal numero di termini che il
Nostro riusciva a sbagliare in un'unica frase. Ma il culmine veniva raggiunto
quando Seymandi, non contento di lanciare dischi in senso metaforico come tutti
i suoi colleghi, scagliava letteralmente vinili contro la telecamera, ferendo
presumibilmente più di un assistente di studio.
Fortunatamente, per chi amava veramente la musica in video e le implicazioni
culturali ad essi legate, c'erano trasmissioni di ben altra levatura, anche
se programmate ad orari quasi impossibili: Mister Fantasy, contenitore
visuale-tecnologico-multimediale che sotto la guida del compassato Massarini
e del critico musicale Mario Luzzatto Fegiz, precorreva di parecchi anni
le odierne meraviglie della comunicazione globale. Non a caso lo stesso
Carlo Massarini, con qualche chiletto in più, è stato chiamato
in tempi recenti alla conduzione di Mediamente, cyberprogramma che recensisce
siti web e svela tutti i segreti della grande rete.
Tralasciando altri episodi del passato, come Disco Ring del quale mi
ricordo solo la Guapa della sigla, oggi la musica giovane in TV si appoggia
su quattro cardini fondamentali che vado da analizzare brevemente per assenza
di spazio:
1) La solita Video Music che, acquistata da Cecchi Gori, deve
ora sacrificarsi alla coabitazione coatta con TMC 2.
2) Match Music, network dedicato agli amanti della Techno,
dell'Underground e di tutto ciò che si balla in discoteca: personaggio carismatico
del palinsesto è la bionda Isa B., l'unica donna italiana ad avere il nome
più corto del codice fiscale.
3) Per chi preferisce pop e melodico c'è Roxy Bar condotto dall'ormai
novantenne Red Ronnie, quest'ultimo passato alla storia della musica per avere
acquistato la Fender Stratocaster di Jimi Hendrix alla modica cifra di duecento
milioni di lire.
4) Per chi ha nostalgia di Superclassifica Show ora c'è Super e basta,
sempre basata sulla top ten, ma condotto dalla bonissima Laura Freddi senza
la presenza angosciante del telegattone e del Dj X.
Fuori graduatoria, ma solo per un pelo, In zir per la Rumagna di Marco
Magalotti e le riprese in diretta delle serate danzanti del Rio Grande.
Pronta per far impazzire le folle, ma ancora in attesa di fondi, è
invece la futura trasmissione musicale di Danny Irreparabili della quale
è già stato comunque deciso il titolo: "Le donne dicono
che ce l'ho bemolle".
Musicalmente vostro
Dr. Danny Irreparabili.