Racconto di Natale
Tributo a Franz Kafka (Praga, 1883 - Kierling, Vienna, 1924)
Il freddo pungente di fine dicembre non era certo di grande aiuto a Roberto
che, infagottato come un eschimese, stava scaricando decine di pacchi grandi
e piccoli dalla station wagon, flagellato oltretutto da un sottile nevischio
che da ore non dava tregua alla città. Eppure, eccitato come un bambino,
lavorava senza un attimo di sosta, estraendo le scatole dall'auto, portandole
sul pianerottolo due gradini alla volta, e poi dentro casa, affastellando il
tutto come un secondo albero di Natale, senza curarsi troppo delle pedate umide
lasciate sul pavimento. Nadia, la moglie, seguiva allibita il cerimoniale,
chiedendosi se e quando la fiumana di scatole avrebbe cessato l'inondazione;
teneva in braccio il figlioletto Matteo, che trovandosi a festeggiare il suo
primo Natale aveva ancor più ragione di trovare strano tutto quell'entusiasmo.
Dopo un quarto d'ora la fatica di Roberto era giunta al termine. Il giovane
si tolse il giubbotto, i guanti e gli scarponi, e si concesse finalmente il
conforto di un paio di pantofole e del suo whisky preferito. Mentre lui,
sprofondato nella poltrona, pregustava le successive operazioni, Nadia
cessò il suo stupìto silenzio e si decise a chiedere spiegazioni:
"Cos'è quella roba?" - sbottò improvvisamente.
"Nadia, tesoro, sono anni che non mi tolgo neanche una soddisfazione:
prima il mutuo della casa, poi quello della macchina, poi i sacrifici per
Matteo... Questo, per me, è il primo Natale senza debiti, e visto che
ultimamente ho fatto centinaia di ore di straordinario, ho pensato di
regalarmi una piccola follia!"
"Roberto non ti ho chiesto perché l'hai comprato. Ti ho
semplicemente chiesto cosa diavolo hai comprato!"
"È... è un computer, Nadia!"
Posato il bicchiere e riacquistato lo sguardo ebete di mezz'ora prima,
Roberto diede il via alla seconda parte della sua piacevole fatica.
Sgomberò la scrivania da agende, penne e soprammobili, tirando
poi a lucido quel ripiano che da tempo, nella sua mente, era predestinato
a quello scopo. Munitosi di un taglierino, cominciò poi ad aprire
le scatole, ripetendo ad alta voce le caratteristiche degli oggetti in
esse contenuti, in un linguaggio arcano che a Nadia non sembrò
appartenere a questa terra.
"Che meraviglia! Processore Pentium Due a trecento megahertz!
Sessantaquattro mega di RAM su banchi DIMM! Hard Disk da quattro Giga
virgola tre, lettore CD ventiquattro per, scheda video con acceleratore
3D, Sistema operativo, browser, antivirus, giochi e una tonnellata di
programmi preinstallati!"
Scene simili accompagnarono il montaggio del monitor, della tastiera e del
mouse, ma fu l'ultimo oggetto a dare a Roberto una scarica di adrenalina
quasi fatale. "Lo sai cos'è questo?" - disse lui alla moglie,
mostrandole uno scatolotto grande sì e no come una videocassetta.
"Non ne ho idea... Un lampadario?"
"Non scherzare Nadia: in questi pochi grammi c'è tutta la
tecnologia che serve per uscire dalla mediocrità e affacciarsi
su un mondo nuovo. Questo è un modem, e grazie al modem posso
collegarmi al Web, e grazie al web diventeremo anche noi cittadini del
villaggio globale: ti sembra poco?"
"Per quanto ne so, l'unica cosa che quella scatolina riuscirà
a cambiare sarà la nostra bolletta del telefono!"
Verso le otto di sera, l'assemblaggio del nuovo mostro di casa era terminato,
e mentre Roberto stava serrando l'ultimo connettore, Nadia piazzava il risultato
delle sue fatiche culinarie al centro della tavola:
"Roberto, è pronto! Finirai dopo mangiato!"
"Solo un attimo tesoro! Un piccolo collaudo e arrivo!"
Dopo un'ora di inutile attesa e una decina di chiamate a vuoto, Nadia
capì che il cenone di Natale, almeno per quell'anno, l'avrebbe
consumato da sola. Stipò in frigorifero gli abbondanti avanzi,
lavò i piatti, mise a letto il bambino e infine trovò il
coraggio di aprire la porta del Sancta Sanctorum, dove Roberto stava
combattendo una dura battaglia coi manuali di Windows.
"Se vuoi mangiare qualcosa apri il frigorifero - disse lei tra il
rassegnato e l'avvilito - io vado a letto. Buonanotte!"
La mattina dopo, Nadia si ritrovò, per la prima volta in sei anni
di matrimonio, sola nel letto. Roberto era ancora nello studio, col computer
acceso, il mouse nella mano e la testa appoggiata sulla tastiera. Sembrava
un neonato abbracciato al suo pelouche, o forse più un gattino stretto
alla sua mamma: in ogni caso la giovane non ebbe cuore di piantare una scenata
al marito e lo lasciò così, scomodo ma felice, fino al risveglio.
Nei mesi seguenti gli eventi precipitarono: non passava giorno che non
entrasse in casa qualche nuova diavoleria, le riviste di informatica si
accumulavano in ogni angolo disponibile, l'unico argomento di conversazione
di Roberto era il mondo del computer. Dopo mangiato spariva nello studio
e per buona parte della notte si sentiva un gran concerto di clic e doppi
clic; dormiva pochissimo, faceva l'amore svogliatamente e con la testa
altrove e stava cominciando a diventare terribilmente pallido.
Un brutta mattina, dopo l'ennesima notte passata da sola, Nadia trovò
nuovamente il suo uomo addormentato sul computer: lo svegliò e, con
orrore, si accorse che il colore della sua pelle aveva assunto con precisione
la tonalità di grigio chiaro del PC. Anche gli occhi avevano qualcosa
di strano: come quando ti somministrano l'atropina e le pupille diventano
enormi. Come se non bastasse, il tentativo di staccare la mano dal mouse
rivelò un'altra terribile mutazione: una serie di filamenti bianchicci,
gelatinosi ma tenaci, univano l'oggetto alla pelle e pulsavano, quasi fossero
attraversati da un fluido vitale. Inorridita ma calma, la giovane donna
spostò la poltrona di fianco alla scrivania e vi fece adagiare il
marito: ogni tentativo di strappare i filamenti o di scollegare il mouse
dalla macchina, provocava a Roberto un dolore atroce, così come ogni
velleità di spegnere il computer o qualsiasi altra periferica.
Con il passare dei giorni, la situazione non fece altro che peggiorare:
gli occhi di Roberto diventavano sempre più grandi e la pupilla
aveva ormai invaso l'intero globo oculare rendendolo completamente nero.
Il mouse e la mano si erano saldati indissolubilmente in un orribile
accoppiamento, mentre il battito cardiaco e la respirazione si erano
sincronizzati con la frequenza di clock del processore; tutti i medici
interpellati si erano dichiarati impotenti davanti a tante stranezze e
temporeggiavano auspicando una guarigione senza farmaci né interventi,
nascondendo forse la loro incapacità di risolvere il caso. Esperti di
hardware, chirurghi, oculisti e giornalisti avevano cominciato a formare un
mesto corteo davanti al capezzale del malato informatico, che di giorno in
giorno diventava sempre più debole e incapace di parlare.
Finché, in una tiepida mattina di primavera, sollevò lentamente
il braccio sinistro ad indicare il cielo, inspirò affannosamente una
decina di volte e reclinò il capo sulla spalla, senza riuscire a dire
una parola: la moglie lo accarezzò piangendo, davanti ai presenti
ammutoliti, gli prese la testa tra le mani e lo guardò negli occhi.
Quegli occhi che erano così verdi e sinceri e che tanta gioia avevano
dato a lei e al figlio, ora erano divenuti due profondi globi neri nei quali
era possibile leggere, piccola ma chiarissima, una scritta arancione tristemente
familiare:
È ORA POSSIBILE SPEGNERE IL COMPUTER.
Dr. Danny Irreparabili.