Cara TV (diciannovesima parte) - Telefilm

Nella puntata precedente abbiamo analizzato il fenomeno della fantascienza soffermandoci sugli aspetti prettamente filosofici della questione, quali la necessità del genere umano di visualizzare e concretizzare le proprie paure ancestrali per poterle più facilmente esorcizzare; e se è vero che la misurazione dell'Universo rappresenta uno dei grandi misteri irrisolti dall'Homo Sapiens, è ancor più vero che il sommo terrore è dato dal dubbio che il cosmo sia popolato da altre civiltà, magari mostruose e combattive, intenzionate a spiarci e a invadere il nostro pianeta. Diversamente dal cinema, dove da "La guerra dei mondi" di Haskin al recente "Indipendence Day", è stato possibile assistere alle invasioni aliene più cruente e sferrate con le più svariate strategie, la televisione è sempre stata un poco più restìa a mostrare extraterrestri in visita sul nostro pianeta; in Star Trek e in Spazio 1999, erano gli umani a rompere le scatole in giro per l'universo; in UFO, i dischi volanti arrivavano a frotte, ma venivano distrutti come moscerini dall'invincibile Shado di Straker & Co. Quand'anche un'astronave fosse riuscita a perforare le barriere difensive e ad atterrare, lo sfigatissimo pilota verde era destinato a morire di infezione nel volgere di poche ore. Per vedere un attacco decente è stato necessario pazientare fino agli anni ottanta, quando fu dato in pasto ai terrestri bramosi di lacrime e sangue uno dei più grandi successi della Science Fiction televisiva: Visitors.

La cosa affascinante e terribile al tempo stesso, in questo telefilm, consisteva nella subdola strategia adottata dai nemici per mettere piede sulla terra: niente raggi disintegratori, niente stragi (almeno all'inizio), nessun ultimatum. I visitors in questione erano esseri umani a tutti gli effetti, solo con la voce un po' metallica e una tutina rossa che doveva essere disegnata da Dolce & Gabbana: arrivati in pace da chissà quale pianeta, ed accolti dalle autorità terrestri con tutti gli onori del caso, si spacciavano per scienziati intenzionati a studiare ed analizzare il nostro mondo. In realtà, sotto maschere di gomma che avrebbero fatto invidia a Diabolik, si nascondevano perfetti rettiloni antropomorfi intenzionati a tutto tranne che allo studio, assai golosi di topi e roditori vari che mangiavano senza neanche masticare (che maleducati!). Ma come tra i terrestri esistono soggetti cattivi e altri buoni, anche tra i visitors si spaziava dalla terribile generalessa al dolce alieno che in seguito sarebbe diventato padre di un piccolo esserino, metà umano e metà rettile. Per ironia della sorte, il buonissimo extraterrestre era interpretato dall'attore Robert Englund, altrimenti arcinoto come l'orrendo Freddy Kruger di Nightmare. Quando si dice che le apparenze ingannano...

E in Italia? Pur non potendo competere con le ricchissime produzioni d'oltreoceano o anche solo d'oltremanica, anche l'Italia ha cercato di dare il contributo al settore della fantascienza televisiva. I meno giovani tra voi ricorderanno il serial A come Andromeda, interpretato dall'esordiente Paola Pitagora, dove si immaginava un computer i cui piani di costruzione erano stati dettati da un'intelligenza extraterrestre; o il suggestivo Gamma, basato sulle terribili conseguenze di un trapianto di cervello malriuscito, arricchito della splendida colonna sonora di Enrico Simonetti. Ma la vetta più alta raggiunta dalla Science Fiction di casa nostra è senz'altro da attribuire a "Uova Fatali" del geniale regista Ugo Gregoretti, che vent'anni prima di Jurassic Park, riuscì ad ingigantire serpenti e lucertole ricorrendo alla sofisticata (per l'epoca) tecnica del Cromakey: lo stesso trucco, per intenderci, che arricchiva la cravatta del giornalista Caccamo di "Mai dire Gol" con una bella veduta del golfo di Napoli.

Prima di passare ai pezzi forti degli anni novanta, voglio menzionare due telefilm minori, diametralmente opposti come struttura e concezione, ma sempre riconducibili al tema della fantascienza: uno era Galactica, giocattolone ad alto contenuto di effetti speciali, modellini e raggi laser, nato sulla scia del successo di Guerre Stellari. Anzi, era talmente simile al film, dagli scenari al cattivo di turno, che buona parte del suo fallimento è da ricercare proprio in questo reiterato scimmiottamento. L'altro telefilm è invece da annoverare a buon diritto tra i ricordi-culto di chi ha almeno trent'anni: si intitolava "Il prigioniero" e parlava di un tizio che, non si sa bene per quale motivo, veniva rapito dalla sua casetta e portato in un luogo sconosciuto e metafisico dove abbondavano i nani e le vetturette elettriche da golf. L'unico effetto speciale degno di nota consisteva in una grossa palla pensante, una specie di Big Babol anabolizzata, che sorvegliava il prigioniero e sventava i suoi tentativi di fuga inglobandolo come avrebbe fatto un linfocita.

Il benvenuto agli anni novanta ci fu dato dallo schizofrenico regista David Linch e dal suo polpettone Twin Peaks: nato come telefilm giallo nel quale il solito investigatore doveva far luce sulla morte di Laura Palmer, Twin Peaks sfuggì poi al controllo del suo creatore prendendo strade imprevedibili come l'esoterismo e la psicologia, finendo poi con l'arrampicarsi sugli specchi della fantascienza tirando in ballo improbabili entità extraterrestri. Di tutt'altra pasta era invece, ed è tuttora, il vero must della S.F. anni novanta, quell'X-Files che grazie alle imprese degli agenti Mulder e Scully è riuscito a restituire credibilità e pathos ai mostri del nostro inconscio, portando in un'atmosfera coinvolgente e pulsante la materializzazione delle paure umane: perché se è vero che le vischiose mantidi di Alien possono terrorizzare, è ancora più terribile pensare che una di esse possa nascondersi sotto le tranquille spoglie del vostro commercialista.


Dr. Danny Irreparabili.