Neanche un mese fa ero l'uomo più felice della Terra. Per la prima
volta in tanti anni di onorata carriera non avevo notizie del professor Heinz
Badalamenti e del suo stramaledetto convegno annuale sulla peperonata, al quale
non dovevo mai mancare per non vedermi tagliare i fondi dall'Università
di Berlino. Per la prima volta, inoltre, non mi sarei visto l'estate rovinata
dall' infausta visita dei familiari di Massimo Riserbo, vincitori di un concorso
a premi e in procinto di partire per l'Antartide. E come ultima perla di questa
collana di lieti eventi, ero finalmente riuscito a riscuotere la retta dovutami
dal Pio Istituto per il Raddrizzamento del Moccioso, ben sedicimila e cinquecento
lire per le quaranta lezioni di patologia del retto tenute nel lontano 1989.
Con una simile cifra in tasca e la prospettiva di un'estate intera a mia
disposizione, già avevo preparato progetti faraonici per i quattro
mesi a venire: innanzitutto avrei chiuso a chiave Massimo in cantina, poi
mi sarei precipitato nella mia località di soggiorno preferita
(Viserbella) col primo charter disponibile, avrei preso alloggio nella
suite imperiale della pensione Concetta, per poi farmi un'indigestione di
sole, mare, calcio, ozio e - Viagra permettendo - gnocca. Già mi
vedevo in spiaggia, felice e abbronzato, giocare col mio Chihuahua Attila,
accarezzarlo e lanciargli gli stuzzicadenti che, viste le sue dimensioni,
sono l'unica cosa che riesce a riportare.
Già pregustavo le battaglie con i bambini, in virtù del mio nuovo Turbo
Liquidator da duecento litri con compressore e gruppo elettrogeno incorporato.
Fremevo pensando alla pelle morbida e levigata delle splendide fanciulle che
avrei corteggiato: il profumo del loro corpo, la freschezza dei vent'anni, il
male boia che fanno i loro ceffoni quando ci provi. Purtroppo, come spesso accade,
nel progettare le mie vacanze avevo fatto i conti senza l'oste. Nella fattispecie
il mio personalissimo parassita Massimo Riserbo, che ha fatto irruzione nella mia
camera proprio mentre stavo chiudendo l'ultima valigia, sventolando un arcano
documento e producendosi in un sorriso a gengiva scoperta, di quelli che non
promettono nulla di buono.
"Lo sai cos'è questo, Danny?" ha esordito l'imbecille
piazzandomi l'incartamento sotto il naso.
"Non ne ho idea. Spero sia un mandato di arresto a tuo carico per
rottura di maroni aggravata."
"Non scherzare, Danny: questo foglio è una comunicazione del
Demanio Marittimo, e dice che il tratto di spiaggia tra il porto e il bagno
uno mi appartiene!"
"Cosa? Tu saresti il proprietario della spiaggia libera? È
come dire che io sono l'unico uomo di Jessica Rizzo! Adesso togliti dai
piedi che fra mezz'ora mi parte il charter!"
"No, un momento, ascolta: tanti anni fa il mio tris-tris-trisavolo
Pandolfo Gattamelata dei Riserbi ottenne in dono dalle autorità
locali un appezzamento di terreno a sua scelta, come compenso per meriti
di guerra. Ma poiché, a differenza del sottoscritto, era un tipo
un po' strano, invece che un paio di tornature in campagna scelse la
striscia di arenile in questione, che all'epoca era solo un malsano
acquitrino. Il documento di possesso è rimasto nascosto negli archivi
del Demanio fino ad oggi, e poiché gli unici discendenti diretti del
buon Pandolfo siamo papà ed io, in mancanza di rivendicazioni diventiamo
proprietari della spiaggia libera. Chiaro, no?"
"Chiaro come il sole. E adesso cosa vuoi farci, nella tua nuova
proprietà? Piantarci i cetrioli?"
"Tutt'altro, Danny: disfa pure le valigie, perché da oggi si
cambia vita! Basta con esperimenti, ricerche e notti passate in laboratorio:
a partire da quest'estate Rimini avrà due bagnini in più!"
"Senti bene, caro il mio imprenditore balneare, se pensi che io voglia
rinunciare alle mie vacanze per trasportare brandine ti sbagli di grosso!"
Dopo neanche un'ora, il Sulky di Massimo faceva bella mostra di sé
a due passi dall'Ape di Pippo, stracarico di pale, rastrelli, zappe e tutto
quanto sarebbe necessitato alla pulizia della spiaggia. Dal marciapiede
Massimo rimirava il suo nuovo regno, grattandosi la testa come fa di solito
quando cerca di pensare.
"Avremo un bel po' da lavorare, Danny, ma prima di cominciare voglio
dare un nome a quello che diventerà lo stabilimento balneare più bello
della Riviera. Niente banalità, né oasi, né sirene: il mio bagno avrà
il nome di un fiore. E come buon auspicio voglio lasciare al fato la
scelta, aprendo una pagina a caso di questo bel trattato di botanica
che ho preso in biblioteca."
Con gesto solenne, l'idiota floreale ha così spalancato il tomo,
puntando deciso l'indice sulla pianta più adatta a simboleggiare
un'attività di mare: Leontopodium Alpinum, o Edelweiss, erbacea
perenne della famiglia Asteracee, meglio nota come Stella Alpina.
L'avventura del neonato Bagno Zero cominciava nel migliore dei modi.
Dr. Danny Irreparabili.