Bagno Zero Stella Alpina (seconda parte)

Scoprire in pieno giugno di essere diventati proprietari di un buon ettaro di spiaggia avrebbe fatto la felicità di chiunque, ma improvvisarsi bagnini dopo aver dedicato buona parte della propria vita alla scienza è impresa da non sottovalutarsi. Dopo aver battezzato il neonato stabilimento balneare col benaugurante e pertinente nome Stella Alpina, ci siamo dovuti rimboccare maniche, calzini e molti altri capi di vestiario per far partire la nuova attività nel più breve tempo possibile: dal bagno uno in poi, ogni granello di sabbia sembrava lucidato col Sidol, gli ombrelloni facevano bella mostra di sé, allineati come soldati e le cabine verniciate di fresco ne sembravano le linde caserme, così ornate di bandiere e stendardi.

Senza perderci d'animo, abbiamo quindi dato il via alla fase operativa della nostra nuova attività, cominciando ovviamente dalla pulizia dell'area. Fortunatamente abbiamo potuto contare sulla poderosa attrezzatura da giardinaggio di casa Irreparabili, arcimunita di vanghe e rastrelli adatti alla bisogna. Massimo ed io ci siamo divisi i compiti, assegnandoci rispettivamente le conchiglie e i rami. E tutto sarebbe filato abbastanza liscio, se verso metà pomeriggio quell'idiota da diporto del mio assistente non si fosse messo in testa di realizzare souvenir con cozze, vongole e cappesante trovate tra la sabbia: per mia buona sorte, dopo aver costruito otto galeoni, cinque cattedrali di San Pietro e un opossum a grandezza naturale, il deficiente ha finito l'Attak e ha dovuto desistere. All'imbrunire l'arenile era perfetto, vellutato come una moquette, pronto per essere abbellito con tutte le attrezzature necessarie, pur con qualche protesta di Massimo che voleva prima passare l'aspirapolvere e la cera.

La mattina seguente ci siamo trovati di fronte al problema più grosso: dove trovare la casetta, le cabine, i lettini e gli ombrelloni? Per risolvere il quesito era necessario l'aiuto del mio vecchio amico Marco del bagno 47, persona disponibilissima e cortese, di quelle incapaci di dire di no, specialmente con una pistola puntata alla tempia. Così, con grande altruismo, il buon Marco ci ha messo a disposizione il materiale avanzato del rinnovo apportato qualche anno fa, premurandosi persino di consegnarcelo col suo poderoso Ape cinque assi, ovviamente sempre sotto il tiro della solita pistola. Dopo due giorni di duro lavoro il miracolo era compiuto: la nuova casetta svettava al centro di quella che era la spiaggia abbandonata a se stessa, e una teoria di pedane la collegava alla Grande Madre Acqua come un cordone ombelicale. Del quale, tanto per non svilire la metafora, seguiva anche l'andamento non proprio rettilineo.

Sul retro della casetta, accatastati in attesa del lavaggio, lettini che probabilmente avranno dato riposo a Garibaldi e ombrelloni sotto i quali Cavour avrà cercato riparo dal solleone: al di là dal loro aspetto non proprio freschissimo, avevano però qualcosa di magico, non foss'altro perché - in barba alle leggi della statistica - non siamo riusciti a trovare due ombrelloni dello stesso colore o due lettini con la stessa scritta. Ma a pensarci bene, queste piccolezze non ci hanno disturbato più di tanto: si può anche chiudere un occhio davanti alla magica parola GRATIS. Questo, ovviamente, se non consideriamo le quattro fratture scomposte, il trauma cranico e i vari ematomi con i quali ho dato il mio contributo di sangue al montaggio della casetta.

Purtroppo, se da un lato le nostre esigenze erano state soddisfatte dal provvidenziale intervento di Marco, per i sostegni degli ombrelloni e le cabine non c'era stato niente da fare: anche passando da una semplice pistola a un ben più convincente Kalashnikov l'amico bagnino è rimasto dell'idea che avremmo dovuto comprarli. Il che, viste le sedicimila e cinquecento lire del nostro budget, era fuori discussione. Dopo due ore passate a progettare raid notturni nelle zone altrui, cabine costruite coi Lego e ombrelloni piantati direttamente nella sabbia, Massimo ha schioccato le dita lasciando intravedere un lampo di genio nel suo sguardo ebete, e senza spiegazioni si è precipitato entusiasta verso il suo Sulky. Dopo un'ora era di ritorno, col suo poderoso mezzo impegnato nel traino di un rimorchio di dimensioni mai viste; e dopo aver scaricato sulla spiaggia un paio di tonnellate di rottami assortiti, con netta preminenza di ruote e ammortizzatori, ha esclamato:
"Non li hai mica solo tu, Danny, gli amici disponibili! Guarda cosa mi ha regalato Giorgio lo sfasciacarrozze! E pensare che non ho consumato neanche una cartuccia!"
Dopodiché, saldatrice alla mano, il beota meccanico si è prodotto in una serie di sculture postatomiche stile Mutoid, formate da un gruppo molla-ammortizzatore piantato nella sabbia e un cerchio - completo di pneumatico - saldato trasversalmente ad esso: e devo dire che, ruggine a parte, i manufatti hanno il vantaggio non trascurabile di risparmiare la testa dei mocciosi che giocano (e cadono) tra gli ombrelloni, centrando con precisione gli spigoli più pericolosi.

Naturalmente Massimo si era preoccupato di risolvere anche il problema cabine, sottraendo all'amico demolitore un Bedford in buono stato, due Transit e un Ducato promiscuo. Veicoli che, debitamente puliti e disinfestati, facevano ora bella mostra di sé, allineati poco distante dalla casetta, pronti a riconvertirsi al nobile ruolo di spogliatoio. Al termine di tanta fatica, mancava ormai solo il tocco finale: la verniciatura. E poiché stavolta avremmo dovuto metter mano al portafoglio, diventava vitale far bastare le sedicimila e cinquecento lire cui accennavo poc'anzi, nostro unico avere in attesa di nuovi introiti.
"Ci penso io, Danny! Ho saputo che alla Boutique della Pennellessa c'è una svendita di vernici nitro, idropitture, smalti e diluenti! In un quarto d'ora vado e torno!"
Quattordici minuti e cinquantadue secondi più tardi il cretino bicomponente era effettivamente di ritorno, munito da due enormi bidoni di vernice privi di qualsiasi etichetta.
"E pensa che mi sono anche rimasti i soldi per i pennelli!"
"D'accordo sei stato bravo. Ma che colori hai preso?"
"Non lo so, Danny, erano gli ultimi due bidoni dell'offerta, non mi è sembrato il caso di sottilizzare!"
Infatti, come era logico prevedere, l'analisi del contenuto delle due latte ha dato il seguente esito:
Latta A: un marrone talmente brutto da non essere contemplato in nessuna mazzetta RAL, originato sicuramente da un guasto del tintometro.
Latta B: un viola intenso (colore notoriamente sfigato) alla vista del quale un gatto nero è fuggito spaventato, un avvoltoio ha dato di stomaco e un necroforo si è toccato in basso.

Ormai l'acquisto era fatto, e non c'era più tempo né denaro per porre rimedio all'ennesima riserbata: così, approfittando delle ultime ore di luce a disposizione, abbiamo avvolto il prestigioso Bagno Zero Stella Alpina nella sua nuova sgargiante livrea, in modo da essere pronti l'indomani ad accogliere i primi, fortunati clienti. Viola permettendo.


Dr. Danny Irreparabili.