Il giorno dopo Angelo si svegliò completamente frastornato, come
dopo una bevuta colossale: non ricordava assolutamente niente di quanto
era accaduto, e rimase stupito nel vedere la candela - o almeno ciò
che restava di essa - appoggiata sulla sua tavolozza preferita; c'era un
profumo strano nell'aria, come di vaniglia, e tutti gli orologi di casa
erano fermi ad indicare la mezzanotte. Non aveva tempo, Angelo, di porsi
troppe domande: i clacson delle auto degli operai lo stavano avvertendo che
già da un pezzo i cancelli avrebbero dovuto essere aperti. Appena
messo il naso fuori casa, e subito dopo aver respirato una boccata della
frizzante aria del mattino, Angelo provò una curiosa sensazione di
euforia: un'energia impetuosa e potente lo stava riempiendo, sostituendosi
alla presunta sbornia che fino a poco prima lo costringeva a barcollare.
In un attimo si sentì forte e sicuro come mai lo era stato prima, e
si diresse verso il cancello a passo di corsa, saltando le pozzanghere come
avrebbe fatto una gazzella. Al di là della recinzione, insieme ai
dipendenti della fabbrica, c'erano anche il titolare e l'architetto Tamarri.
"Ohè, pirlotto, sono quasi le nove! Guarda che io e il commendatore abbiamo
da lavorare, mica come te che stai tutto il giorno a scarabocchiare!
Apri quel cancello, che già mi stanno girando!"
Poco dopo un fiume in piena di macchine e scooter invadeva il parcheggio,
compresa la Jaguar dell'architetto che si andò a piazzare, come al solito,
davanti alla cabina dei contatori. Mentre il Tamarri estraeva la valigetta
dall'auto, Angelo gli si avvicinò deciso:
"Tiziano, vecchio amico mio, ho qui un regalo per esternarti i sensi della mia
ammirazione per il tuo lavoro!"
E, dopo aver finto di cercare qualcosa in tasca, sferrò un diretto preciso
e violento sul nasino alla francese dell'architetto, che stramazzò al suolo
senza aver tempo neanche di gridare.
"E d'ora in poi, metti la macchina dove la mettono tutti gli altri!"
Il commendatore si precipitò sul luogo del misfatto con tutta la
velocità che le sue corte e grasse gambe gli consentivano.
"Ti rendi conto di cosa hai fatto, Angelo?"
"Me ne rendo conto, eccome! E lei si rende conto di quante centinaia
di milioni ha buttato al vento per pagare le schifezze di questo idiota? Sa
quanti di quei soldi poteva investire in nuove macchine, nel personale e
nella sicurezza? Comunque non si prenda la briga di licenziarmi: entro
stasera avrà sulla sua scrivania la mia lettera di dimissioni."
Pochi giorni dopo Angelo investì tutta la liquidazione per allestire
una piccola mostra nella chiesa sconsacrata di Santa Maria ad Nives: per quasi
un mese le sue opere lasciarono estasiati comuni cittadini e addetti ai lavori,
compreso il vecchio Maestro Gasperoni che non aveva mai dimenticato il suo
migliore allievo e, ritiratosi dall'insegnamento, gestiva ora una Galleria
d'Arte a Bologna. Per volere di Gasperoni i dipinti e i bozzetti di Angelo
furono trasportati in blocco nel capoluogo, poi, grazie a una fitta rete di
conoscenze e collaboratori, a Milano, Zurigo, Parigi, Amsterdam e Londra.
All'esposizione inglese era presente addirittura un funzionario del Guggenheim,
pronto a sborsare cifre da capogiro per accaparrarsi almeno una tela del giovane
talento italiano. Dopo solo un anno Angelo era famoso e ricchissimo, ma si era
sempre distinto per l'abitudine di versare la metà di ciò che guadagnava alla
Lila, all'Istituto Oncologico Romagnolo e a tutte le strutture che gliene
facevano richiesta. Le sue opere avevano raggiunto quotazioni da record,
le più alte in assoluto per un artista italiano vivente, ma Angelo era
riuscito a restare la persona garbata e modesta che era quando faceva
il custode al mobilificio.
Fu durante una convention a Roma che Angelo conobbe l'unico, grande amore
della sua vita: una giornalista piccola piccola di nome Cinzia, timida come
un cerbiatto e neppure bellissima. Ma Angelo aveva imparato a vedere con gli
occhi del cuore, e in quella donnina dalle poche parole aveva intuito una
dolcezza infinita e un grande desiderio di scoprire la vera passione: si
sposarono nel volgere di pochi mesi, e per entrambi fu l'inizio di una
favola lunga una vita.
Dal Resto del Carlino del 3 ottobre 2050.
Sono le ultime ore di vita per il grande artista riminese Angelo Pari,
esempio di umanità e faro della scena culturale italiana a cavallo
dei due secoli. Nella tranquillità della sua casa, munito dei conforti
religiosi e dell'affetto dell'adorata moglie Cinzia, sta per lasciarci non
solo il Maestro che tutti conosciamo, ma anche e soprattutto l'uomo che
tutti rimpiangeremo.
"Non si sta poi così male, qui!"
"Sì... forse un po' freddo, ma è solo questione di poche ore."
"Ti sono venuti un po' di capelli bianchi, eh, vecchio?"
"Anche tu non scherzi! Sei anche un po' pelato!"
"Sai... appena ti ho visto qui, mi sono ricordato di quella sera di
cinquantadue anni fa: all'improvviso tutto mi è chiaro. Il fatto che
io, ora, ti possa vedere... vuol dire che sto morendo?"
"Ricordi le mie parole di quella sera? Non stai morendo, stai solo
uscendo dal tuo corpo: tra non molto sarai chiamato a custodire qualche
umano, mentre io nascerò in qualche parte del mondo, dimenticando
del tutto questo mio ciclo vitale non corporeo, ma mantenendo nel mio
spirito tutto ciò che di buono abbiamo fatto in questa vita."
"Allora scommetto che sarai proprio un bimbo in gamba!"
"Potrei anche nascere femmina!"
"In ogni caso, mi piacerebbe essere il tuo prossimo Angelo Custode...
Sai, ti devo parecchio... insomma, hai fatto proprio un bel lavoro!"
"Non ti preoccupare, vecchio: dovere professionale! Adesso dobbiamo
andare, ci stanno chiamando. Addio, Angelo."
"Addio... Angelo!"
Fine
Dr. Danny Irreparabili.