A differenza delle mai troppo vituperate specie Ruphus Cellularis e Rupha
Lampadis, protagoniste delle precedenti puntate, il rude e simpatico portuale
gode a tutt'oggi di ottima salute e non corre il minimo rischio di una precoce
estinzione. Ad uso di tutti i lettori di poca memoria, ricordo che il portuale
(Homo Ceres) è quel curioso personaggio che frequenta l'ampio parcheggio del
piazzale Boscovich, preferibilmente in inverno, di sera e quasi mai di sabato,
quando il suo habitat naturale è preso d'assalto dagli avventori dei ristoranti
e dei locali da ballo che si trovano nei paraggi.
Uso comune dei portuali, maschi e femmine, è quello di disporre le
autovetture affiancate a pochi millimetri una dall'altra, in modo da poter
colloquiare col vicino semplicemente abbassando il finestrino, evitando
così la gelida buriana che spazza sovente quei luoghi nelle sere
d'inverno; risultando in questo modo inibita la comunicazione gestuale
a distanza, il furbo Homo Ceres ha ideato e perfezionato un sistema per
inviare dei messaggi alle auto che sfrecciano davanti alla sua postazione:
un lampeggio prolungato, ad esempio, significa: "Ehi, sono qui, fermati
che beviamo una birra insieme!". Tre flash in rapida successione indicano:
"Ma guarda che bella macchinata di ragazze! Tornate indietro che facciamo
bisboccia!" e così via fino a raggiungere livelli di perfezione
mediale degni del codice Morse: con otto lampeggi brevi, uno lungo, un colpo
di clacson e uno spruzzo di lavavetri, si intende: "Dico a te con la Uno
Turbo azzurro metallizzato! La pressione della tua gomma anteriore sinistra
è senz'altro da controllare, così come il corretto funzionamento
dell'alzacristalli elettrico lato passeggero!".
Visto che siamo in tema di automobili, è doveroso soffermarsi su
quello che per il portuale, più che un mezzo di trasporto è
un vero specchio della personalità; i soggetti più modesti
si limitano ad abbellire la propria vettura con targhette e adesivoni di
dubbio gusto: esemplari a questo proposito sono le bandierine italiane
applicate al contrario, le diciture "Turbo Injection 16 V", gli
evocativi stemmi Racing Team, per non parlare delle moltitudini di coniglietti
che si inseguono su tutto il perimetro della carrozzeria. Pochi anni fa erano
in gran voga le scritte Fanatic e O'Neill da appiccicare al lunotto posteriore,
magari in abbinamento all'omino cianotico che spuntava dalla base del lunotto
stesso; a compromettere definitivamente la visibilità ci pensavano poi
i pupazzi con le ventose e le tendine parasole con il ritratto di Vasco Rossi,
da tenere rigorosamente in posizione anche di notte e con la nebbia.
Al livello immediatamente superiore si trovano le cosiddette elaborazioni
leggere: uno spoiler lì, un alettoncino là, quattro cerchi in lega e magari
la pedaliera di alluminio, per risultati senz'altro gradevoli ma lontani anni
luce dalla perfezione assoluta, raggiungibile solo dai veri tamarri doc.
Nella mente dei giovani portuali odierni è ancora vivo il ricordo
della mitica 127 nera del Gran Tamarro Reale Lupino II; bardata come neanche
Stephen King avrebbe saputo immaginare: otto fendinebbia supplementari
anteriori, altrettante luci di stop dietro, alettoni che avrebbero frenato
a terra anche un Jumbo, fila di led modello Supercar nella mascherina, assetto
abbassato fino ai limiti delle decenza, antenna CB con coda di procione, vetri
oscurati, cerchi e gomme non contemplati nemmeno nel libretto della Lamborghini
Diablo. Ma soprattutto un infernale, potentissimo, irraggiungibile impianto
stereo che preannunciava l'arrivo di sua Maestà quando questi si
trovava ancora all'incrocio della statale.
Lupino II ha recentemente abdicato, e la sua incredibile vettura non
calca più le scene del grande palcoscenico del porto; per diritto
di successione il suo ambìto scettro è passato nelle mani di Sua Altezza
Serenissima Lupino III, da poco insignito dell'ordine della Brustolina e
della Gran Croce della Ceres Scura, proprietario di una mirabolante Alfa 75
metallizzata dotata di spoiler mostruosi e assetto inverecondo.
È nei pressi di questo trono semovente che i portuali si raccolgono
ogni sera, consumando ore in chiacchiere, facezie, rutti e soprattutto gare:
si usa spesso piazzare una bottiglia di birra al centro del tetto della
macchina, accendere lo stereo al massimo della potenza e attendere, cronometro
alla mano, che i micidiali sobbalzi prodotti dal subwoofer facciano cadere
a terra la bottiglia. La leggenda vuole che Lupino III sia riuscito a portare
a termine la prova con un fusto da spillatrice pieno, mentre i più
anziani tramandano che l'indimenticato Lupino II ribaltò l'Ape di
Pippo con un solo colpo di basso di "Money for nothing". Inutile
dire che l'affascinante hobby dell'Hi-Fi Car ha i suoi risvolti negativi:
dopo tre o quattro ore di techno a duecento decibel anche la più
spavalda delle batterie deve alzare bandiera bianca, costringendo i
portuali audiofili a umilianti esibizioni di partenza a spinta.
Non mancano poi le gare di accelerazione stile Gioventù Bruciata,
che vedono in lizza soprattutto Golf GTI, Renault Supercinque Turbo, Uno
e Punto GT: la tenzone comincia grosso modo all'altezza della piccola
rotonda del piazzale Boscovich per terminare nei pressi del ristorante
da Oberdan con grande dispendio di pneumatici e carburante. Il rischio
non è certo quello di finire in fondo a un burrone come nel film:
al limite si rischia una strigliatina dai carabinieri, ma per vincere
una birra e un cartoccio di lupini, i portuali fanno questo ed altro.
Visto che si è parlato di lupini, dobbiamo annotare come gli anni
e gli eventi non abbiano cambiato le abitudini alimentari del nostro simpatico
personaggio: come sempre accade in natura ogni specie bipede o quadrupede deve
nutrirsi con ciò che il suo habitat mette a disposizione. Quindi,
abbandonate per sempre pastasciutta e bistecche, il portuale ha abbracciato
una dieta fatta esclusivamente di semenze o fusaglia, termine generico che
comprende brustoline, mais tostato, arachidi, pistacchi e principalmente
lupini, il tutto fornito da Pippo - gestore della bancarella più
antica di Rimini, presente già ai tempi della costruzione del Ponte
di Tiberio - e dai più recenti e non meno attrezzati Tir della luveria.
Quando le finanze lo consentono, il portuale in cerca di cibo si spinge anche
nel territorio della vicina pizzeria, per soddisfare il proprio fabbisogno di
carboidrati con leggeri cassoni con le patate e dietetiche pizze con cipolla
e salame piccante. Quale che sia l'alimento scelto, la bevanda da abbinare
è sempre e soltanto la birra Ceres (da cui il nome scientifico della
specie), con la solita opzione chiara o scura. Come accade per il maiale,
della Ceres non si butta via niente: il contenuto ovviamente si beve, mentre
la bottiglia si può utilizzare per le gare di potenza dell'Hi-Fi prima
descritte, o in avvincenti tornei di lancio della medesima nel vicino Minigolf,
o ancora come strumenti per delimitare il proprio territorio. Un po' come
fanno gli animali con le loro deiezioni, ma l'essere umano dovrà
pure dimostrare - in un modo o nell'altro - che l'evoluzione è
servita a qualcosa.
Dr. Danny Irreparabili.