Come eravamo (terza parte) - Il portuale

A differenza delle mai troppo vituperate specie Ruphus Cellularis e Rupha Lampadis, protagoniste delle precedenti puntate, il rude e simpatico portuale gode a tutt'oggi di ottima salute e non corre il minimo rischio di una precoce estinzione. Ad uso di tutti i lettori di poca memoria, ricordo che il portuale (Homo Ceres) è quel curioso personaggio che frequenta l'ampio parcheggio del piazzale Boscovich, preferibilmente in inverno, di sera e quasi mai di sabato, quando il suo habitat naturale è preso d'assalto dagli avventori dei ristoranti e dei locali da ballo che si trovano nei paraggi.

Uso comune dei portuali, maschi e femmine, è quello di disporre le autovetture affiancate a pochi millimetri una dall'altra, in modo da poter colloquiare col vicino semplicemente abbassando il finestrino, evitando così la gelida buriana che spazza sovente quei luoghi nelle sere d'inverno; risultando in questo modo inibita la comunicazione gestuale a distanza, il furbo Homo Ceres ha ideato e perfezionato un sistema per inviare dei messaggi alle auto che sfrecciano davanti alla sua postazione: un lampeggio prolungato, ad esempio, significa: "Ehi, sono qui, fermati che beviamo una birra insieme!". Tre flash in rapida successione indicano: "Ma guarda che bella macchinata di ragazze! Tornate indietro che facciamo bisboccia!" e così via fino a raggiungere livelli di perfezione mediale degni del codice Morse: con otto lampeggi brevi, uno lungo, un colpo di clacson e uno spruzzo di lavavetri, si intende: "Dico a te con la Uno Turbo azzurro metallizzato! La pressione della tua gomma anteriore sinistra è senz'altro da controllare, così come il corretto funzionamento dell'alzacristalli elettrico lato passeggero!".

Visto che siamo in tema di automobili, è doveroso soffermarsi su quello che per il portuale, più che un mezzo di trasporto è un vero specchio della personalità; i soggetti più modesti si limitano ad abbellire la propria vettura con targhette e adesivoni di dubbio gusto: esemplari a questo proposito sono le bandierine italiane applicate al contrario, le diciture "Turbo Injection 16 V", gli evocativi stemmi Racing Team, per non parlare delle moltitudini di coniglietti che si inseguono su tutto il perimetro della carrozzeria. Pochi anni fa erano in gran voga le scritte Fanatic e O'Neill da appiccicare al lunotto posteriore, magari in abbinamento all'omino cianotico che spuntava dalla base del lunotto stesso; a compromettere definitivamente la visibilità ci pensavano poi i pupazzi con le ventose e le tendine parasole con il ritratto di Vasco Rossi, da tenere rigorosamente in posizione anche di notte e con la nebbia.

Al livello immediatamente superiore si trovano le cosiddette elaborazioni leggere: uno spoiler lì, un alettoncino là, quattro cerchi in lega e magari la pedaliera di alluminio, per risultati senz'altro gradevoli ma lontani anni luce dalla perfezione assoluta, raggiungibile solo dai veri tamarri doc. Nella mente dei giovani portuali odierni è ancora vivo il ricordo della mitica 127 nera del Gran Tamarro Reale Lupino II; bardata come neanche Stephen King avrebbe saputo immaginare: otto fendinebbia supplementari anteriori, altrettante luci di stop dietro, alettoni che avrebbero frenato a terra anche un Jumbo, fila di led modello Supercar nella mascherina, assetto abbassato fino ai limiti delle decenza, antenna CB con coda di procione, vetri oscurati, cerchi e gomme non contemplati nemmeno nel libretto della Lamborghini Diablo. Ma soprattutto un infernale, potentissimo, irraggiungibile impianto stereo che preannunciava l'arrivo di sua Maestà quando questi si trovava ancora all'incrocio della statale.

Lupino II ha recentemente abdicato, e la sua incredibile vettura non calca più le scene del grande palcoscenico del porto; per diritto di successione il suo ambìto scettro è passato nelle mani di Sua Altezza Serenissima Lupino III, da poco insignito dell'ordine della Brustolina e della Gran Croce della Ceres Scura, proprietario di una mirabolante Alfa 75 metallizzata dotata di spoiler mostruosi e assetto inverecondo. È nei pressi di questo trono semovente che i portuali si raccolgono ogni sera, consumando ore in chiacchiere, facezie, rutti e soprattutto gare: si usa spesso piazzare una bottiglia di birra al centro del tetto della macchina, accendere lo stereo al massimo della potenza e attendere, cronometro alla mano, che i micidiali sobbalzi prodotti dal subwoofer facciano cadere a terra la bottiglia. La leggenda vuole che Lupino III sia riuscito a portare a termine la prova con un fusto da spillatrice pieno, mentre i più anziani tramandano che l'indimenticato Lupino II ribaltò l'Ape di Pippo con un solo colpo di basso di "Money for nothing". Inutile dire che l'affascinante hobby dell'Hi-Fi Car ha i suoi risvolti negativi: dopo tre o quattro ore di techno a duecento decibel anche la più spavalda delle batterie deve alzare bandiera bianca, costringendo i portuali audiofili a umilianti esibizioni di partenza a spinta.

Non mancano poi le gare di accelerazione stile Gioventù Bruciata, che vedono in lizza soprattutto Golf GTI, Renault Supercinque Turbo, Uno e Punto GT: la tenzone comincia grosso modo all'altezza della piccola rotonda del piazzale Boscovich per terminare nei pressi del ristorante da Oberdan con grande dispendio di pneumatici e carburante. Il rischio non è certo quello di finire in fondo a un burrone come nel film: al limite si rischia una strigliatina dai carabinieri, ma per vincere una birra e un cartoccio di lupini, i portuali fanno questo ed altro.

Visto che si è parlato di lupini, dobbiamo annotare come gli anni e gli eventi non abbiano cambiato le abitudini alimentari del nostro simpatico personaggio: come sempre accade in natura ogni specie bipede o quadrupede deve nutrirsi con ciò che il suo habitat mette a disposizione. Quindi, abbandonate per sempre pastasciutta e bistecche, il portuale ha abbracciato una dieta fatta esclusivamente di semenze o fusaglia, termine generico che comprende brustoline, mais tostato, arachidi, pistacchi e principalmente lupini, il tutto fornito da Pippo - gestore della bancarella più antica di Rimini, presente già ai tempi della costruzione del Ponte di Tiberio - e dai più recenti e non meno attrezzati Tir della luveria. Quando le finanze lo consentono, il portuale in cerca di cibo si spinge anche nel territorio della vicina pizzeria, per soddisfare il proprio fabbisogno di carboidrati con leggeri cassoni con le patate e dietetiche pizze con cipolla e salame piccante. Quale che sia l'alimento scelto, la bevanda da abbinare è sempre e soltanto la birra Ceres (da cui il nome scientifico della specie), con la solita opzione chiara o scura. Come accade per il maiale, della Ceres non si butta via niente: il contenuto ovviamente si beve, mentre la bottiglia si può utilizzare per le gare di potenza dell'Hi-Fi prima descritte, o in avvincenti tornei di lancio della medesima nel vicino Minigolf, o ancora come strumenti per delimitare il proprio territorio. Un po' come fanno gli animali con le loro deiezioni, ma l'essere umano dovrà pure dimostrare - in un modo o nell'altro - che l'evoluzione è servita a qualcosa.


Dr. Danny Irreparabili.