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Cara TV (sedicesima parte) - Sigle TV
Nel complesso meccanismo della comunicazione di massa c'è un
elemento, apparentemente secondario, che è invece parte integrante
e spesso motivo di successo di molte trasmissioni televisive. Stiamo parlando
della sigla musicale, che sebbene considerata - a torto o a ragione - una
parente povera della produzione musicale "importante", riveste un
ruolo di tutto rispetto in qualsiasi palinsesto, con risvolti di notevole
peso sul costume e sull'immaginario collettivo. Provate a chiedere a un
amico se ricorda la fortunata serie di telefilm Mork e Mindy: sia egli
un professore universitario, un astrofisico o un pensionato delle FS,
vi risponderà allo stesso modo, porgendovi la mano nel tipico
saluto orkiano e canticchiando "Nano Nano, la tua mano, Nano Nano,
apri piano..."
Quello dei telefilm è senza dubbio il filone più ricco di
esempi di sigle-culto, insieme ai cartoni animati e agli spot pubblicitari;
andiamo quindi ad esaminare una carrellata di questi filoni e perdonatemi
se, tra l'immensa mole di materiale disponibile, avrò dimenticato
proprio la sigla che amate di più.
Verso la fine degli anni Settanta, l'Italia fu squassata da cima a fondo
da un fenomeno popolare di portata storica: una serie di telefilm abbastanza
vecchiotti, realizzati con pochi mezzi e addirittura in bianco e nero, fece
conoscere a tutti i bambini dello stivale i segreti di una piccola comunità
rurale americana e le gesta del nerissimo cavallo Furia. Al di là
della qualità intrinseca delle pellicole, va detto che buona parte del
successo di Furia è da ascrivere al cantante di origine anglosassone Mal
che, abbandonati i suoi Primitives, si riciclò astutamente come spot-singer.
La canzone che introduceva la serie ebbe un tale successo da restare saldamente
in testa alle classifiche di vendita per svariati mesi, sopravvivendo addirittura
alla serie stessa: a causa del testo Mal si ritrovò ad avere dei problemi
con le associazioni animaliste, convinte che stare in tre su un cavallo fosse
un gesto di pura crudeltà.
I successivi tentativi della TV di stato di appiccicare canzoni in italiano
a telefilm di importazione non riuscirono più a scatenare la follia
popolare come era riuscito a "Furia Cavallo del West". Non ci
riuscì Woobinda, non ci riuscì Orzowei, pure affidato a due
specialisti del settore, Guido e Maurizio De Angelis, autori peraltro della
sigla di Sandokan, capace anch'essa di mietere buoni successi nel difficile
terreno della Hit Parade. Non scherzò affatto neanche il già
citato motivetto di Mork e Mindy, complice la presenza nella fiction di un
giovanissimo e irresistibile Robin Williams mentre rasentava il melenso,
adeguandosi altresì al tono delle vicende e allo spessore dei
personaggi, la sigla di Love Boat intonata da Ciacci Antonio da San Marino,
in arte Little Tony.
Oltre al ciuffettone, altri bei nomi della canzone ebbero modo di
cimentarsi nell'inconsueto campo delle soundtrack: è il caso di
Nino Bonocore, il romantico autore di "Scrivimi", che per l'occasione
abbandonò i violini e abbracciò la causa della Donna Bionica; oppure
(e questa non se la ricorda nessuno) Romina Power, che riuscì a dare il
suo contributo al settore con la sigla di Laverne e Shirley, discreta
serie derivata da Happy Days, come del resto Mork e Mindy. In tempi più
recenti un'inusuale operazione ha consentito anche a Cristina d'Avena
(reginetta del cartoon e grande protagonista della prossima puntata)
di fare la sua apparizione, in voce e in video, nel mondo della fiction:
il progetto in questione era Licia dolce Licia, trasposizione tridimensionale
di un noto manga giapponese, dove la grande Puffa vestiva i panni della
quindicenne protagonista sebbene avesse il doppio degli anni, amava un
certo Mirko dai capelli bicolori, aveva un papà che si chiamava Marrabbio
e si muoveva in una Tokio per la verità molto simile a Segrate.
Non sono così crudele da chiedervi di ricordare alcuni reperti
archeologici come Zorro e Pippi Calzelunghe, ma un paio di chicche degli
anni settanta-ottanta devono giocoforza trovare posto in questa rassegna:
erano telefilm così carini da far passare in secondo piano la sigla,
pur creata per l'occasione e cantata in italiano; il primo esempio è
Hazzard, nome derivato dalla contea dove si svolgevano le automobilistiche
gesta dei fratelli Bo e Luke Duke, sempre inseguiti dal cattivo Boss Hogg
e dal suo tirapiedi Rosco. Il secondo era George e Mildred, spassoso quadretto
di un'attempata coppia di coniugi senza figli ma con molti problemi di
compatibilità, specie sessuale, che tutt'oggi reputo una delle cose
più divertenti viste in televisione negli ultimi trent'anni.
In altre occasioni la sigla originale fu lasciata al suo posto, con buona
pace delle spese di produzione e delle nostre già bistrattate orecchie:
è il caso di Jeannie (la deliziosa genietta innamorata di Larry Hagman,
futuro J. R. Ewing), ma anche di Strega per amore, Tre cuori in affitto, Arnold,
I Jefferson e così via in un infinito elenco che riprenderemo nelle
puntate espressamente dedicate all'universo Telefilm & Affini.
Merita un paragrafo a parte uno dei grandi fenomeni di culto televisivo di
quegli anni, forse il telefilm per antonomasia, quel fortunatissimo Happy Days
al quale accennavo poche righe fa e che, sulla scia di American Graffiti, fece
conoscere all'italico volgo vizi, mode e virtù dell'era del Rock'n'Roll.
In quel caso specifico le sigle di testa e di coda erano talmente adatte
all'atmosfera delle storie e pertinenti al contesto che cambiarle sarebbe
stato un autentico sacrilegio: ve la immaginate "Cuore matto" al posto di
"Rock around the Clock" e "Ventiquattromila baci" al posto di "Happy Days"?
Bleargh!
L'indissolubile binomio musica-fiction è prepotentemente tornato
alla ribalta negli anni novanta con due esempi legati ad altrettanti casi
di delirio di massa: qualche tempo fa fu l'assurda serie Twin Peaks a
mettere a dura prova la nostra sopportazione, insieme alla soporifera
sigla che eravamo costretti ad ascoltare - in TV o in radio - almeno
dieci volte al giorno. Storia contemporanea è invece quella del must
dei must X-Files, la cui sigla, oltre a spadroneggiare nei due media
suddetti, ci viene sparata nelle orecchie anche in discoteca sotto
forma di svariati House Club Techno Remix. E, vista l'attinenza del
titolo della serie col mondo dell'informatica, non è difficile auspicare
che nel volgere di pochi mesi la mistica musichetta di "X-Files" riesca
a prendere il posto della sigla di Windows ad ogni accensione del nostro
amato PC.
Dr. Danny Irreparabili.